Real estate, se l’investitore trova l’America

Da una parte c’è un operatore di un certo peso che tratta immobili nell’east coast degli States. Dall’altra, un consulente che segue clienti italiani desiderosi di investire in immobili per guadagnarci. Da un lato c’è Prudential Douglas Elliman, operatore americano del real estate. Dall’altro, la holding di servizi e consulenza Wiish.

Il punto di vista di Wiish è di sicuro prestigio, considerando che la holding, come spiega una nota, “opera dal 1997 nella pianificazione e nello sviluppo di iniziative di valore, dallo sviluppo di immobili di pregio a quello di resort e servizi di ospitalità esclusivi, campi da golf e club house, fino ad arrivare alle realizzazioni di pregio, in ambito turistico-alberghiero e di wine&food estate”. Al suo presidio immobiliare Iin-Italian international network si rivolge chi cerca una nuova casa, chi vuole vendere un immobile o chi punta a realizzare un investimento sicuro in Italia o altrove. Proprio per assistere chi sceglie di allungare lo sguardo oltre le Alpi e il Mediterraneo, Iin ha stipulato un accordo con Prudential Douglas Elliman.

“Ormai da tempo l’investimento immobiliare all’estero è preferibile a quello in Italia”, dice Martino De Rosa, presidente e amministratore delegato di Wiish. La sua affermazione, condivisa anche con la stampa nel corso del workshop “Another brick in the Usa?” che si è tenuto il 24 maggio a Milano, traccia il quadro in cui si stanno muovendo in questo momento gli operatori. Guardando a Londra, a Hong Kong, a Singapore oppure alle metropoli americane.

Un quadro nel quale, prosegue De Rosa, “l’andamento del mercato immobiliare del nostro Paese non è certo rassicurante per un potenziale investitore. Il crescente prelievo fiscale sugli immobili e l’attesa di un’ulteriore contrazione dei prezzi fanno di alcuni mercati esteri una valida alternativa per chi vuole assicurarsi un buon investimento e la certezza di una rendita soddisfacente”. A patto che, sottolinea De Rosa, “la scelta del Paese sia fatta con oculatezza”.

A fare il punto sulla situazione negli Stati Uniti è Heather McDonough (nella foto, n.d.r.), senior vice president della società americana. Il mercato immobiliare d’oltreoceano, su cui il workshop si è concentrato, risente ancora della crisi economica. Nello Stato di New York, in particolare, le quotazioni sono scese di oltre quattro punti percentuali negli ultimi cinque anni e per quest’anno ci si aspetta un ulteriore calo. Nel frattempo, il numero degli immobili in vendita sul mercato statunitense è cresciuto in modo vertiginoso, anche per via dell’aumento dei pignoramenti che hanno seguito la crisi dei mutui subprime.

Oggi, sulla scia dei tassi di interesse più bassi di sempre e della recessione per adesso evitata, soprattutto l’isola di Manhattan sembra un tesoretto di opportunità. “Al momento è ancora sottovalutata”, ha spiegato la McDonough. Qualche numero sulle sue potenzialità di rendimento: tra il 2002 e il 2011, il prezzo medio delle abitazioni è salito dai 635 dollari per square/feet – equivalente a un metro e dieci centimetri quadrati circa – del 2002 ai 1.240 dollari del 2011 nell’area del Downtown, dagli 833 ai 1.642 dollari nel West Village, dai 709 ai 1.379 dollari a Soho e Tribeca, dai 478 ai 987 dollari nel Distretto finanziario e dai 639 agli oltre 1.300 dollari, infine, a Chelsea. La dinamicità è testimoniata anche dall’incremento del numero delle vendite e dal prezzo medio delle abitazioni, passato dai circa 1,4 milioni di dollari del marzo 2011 a circa 1,6 milioni del marzo di quest’anno.

L’investimento conviene in un’ottica di lungo termine, si è raccomandata la McDonough. Ma l’opportunità c’è, anche considerando che non sono in vista nuove grosse costruzioni. Altra area di un certo interesse, secondo Prudential Douglas Elliman, è Miami. Secondo il Wealth Report di Citi Private Bank e i dati di Knight Frank’s, si colloca al quarto posto tra le città più ricche e al nono per la qualità della vita. Nell’ottobre del 2011, l’83% dei broker ha dichiarato di aver lavorato con acquirenti stranieri nel corso dell’anno precedente.

L’ultima parola la prende De Rosa, evidenziando che bisogna sforzarsi di costruire opportunità – pensando secondo le logiche di una piazza globale – anche qui in Italia: il sole, la bella montagna e il mare pulito non sono sufficienti ad attrarre gli investitori più danarosi che si muovono nel mercato internazionale.

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