Real Estate, il fascino discreto dell’Italia

Il convegno si intitola “Investire in Italia – Sì!”. Con il punto esclamativo sul finale. Solo che è tutto scritto in inglese. Partecipano top manager italiani e non. Il tema è, appunto, se il nostro Paese è una buona scommessa oppure no. “Chi ci è dentro già da tempo sa che lo è”, dice il presidente di Assoimmobiliare Aldo Mazzocco, membro del comitato scientifico dell’Eire. “Tutti gli investitori che sono già sul nostro mercato sanno bene di che cosa parlano, confermano la loro scelta e, anzi, ci dicono che l’Italia ha fatto anche meglio rispetto ad altri mercati”.
 
Certo, servirebbe più stabilità politica, ripete il presidente e ceo di Hines Italia sgr Manfredi Catella, che riporta un episodio capitatogli di recente. “Ero a New York, a un incontro con top manager da tutto il mondo. Alla domanda su chi avrebbe investito in Italia, nessuno – dico, nessuno – ha alzato la mano”. Certo, perché l’Italia è vista come il Paese da cui stare alla larga, il sud dell’Europa, un caotico mix di tasse, burocrazia macchinosa, opacità, corruzione e restrizioni cangianti nel tempo e nello spazio. In più, è in Europa. Nella periferia, per giunta. E non è che tiri buona aria qui, di recente.
 
Sarà. Fatto sta che le grandi compagnie che operano nel nostro mercato – e che quindi lo conoscono – non sembrano intenzionate a uscirne. Allianz Real Estate, Union Investment, Aberdeen Asset Management c’erano e ci vogliono essere ancora, con investimenti diretti o tramite fondi, nel retail o in altri settori. Uno dei motivi della scelta lo espone Frank Billard, membro del board di Union Investment. “La propensione al risparmio c’è ancora ed è molto interessante”.

“Nonostante la crisi, l’Italia continua ad attrarre capitale dall’estero e a offrire delle opportunità soprattutto per il settore retail”, è il commento di Olaf Schimdt, partner di Dla Piper Italy, organizzatore dell’evento che si svolge in una delle tre giornate dell’Expo Italia Real Estate. “Prevedo un notevole decremento dei prezzi con un conseguente visibile aumento dei rendimenti nei prossimi mesi, tenendo anche in considerazione la volontà delle banche, dei fondi italiani e stranieri e del demanio di dismettere i loro patrimoni immobiliari. Questo consentirà all’Italia di tornare a essere competitiva a livello europeo in tema di rendimenti. Nuovi player come assicurazioni e fondi di debito sostituiranno le banche nella concessione di finanziamenti al settore immobiliare, consentendo di superare l’attuale crisi di debito”.
 
“Il 40% del nostro portafoglio è in Italia”, dice dal canto suo Giancarlo Scotti, ceo di Generali Real Estate. Vero è che la compagnia è italiana, ma è anche vero che è praticamente ovunque nel mondo. E in questa fase di passaggio, con Mario Greco in arrivo nel ruolo di capoazienda al posto di Giovanni Perissinotto, per ora conferma la propria linea. “Siamo concentrati in particolare su Milano e Roma”, spiega Scotti. “Vogliamo incrementare le nostre performance di portafoglio. Continueremo a guardare all’high street, al residenziale e agli uffici”.
 
La notizia, però, la dà Catella. “Con Citylife e con gli altri nostri progetti, abbiamo assunto la responsabilità di dimostrare che possiamo creare qualcosa di valido, credibile e trasparente. Martedì 5 giugno abbiamo iniziato la consegna del primo lotto a UniCredit, in tempo, è fantastico. Vogliamo continuare a investire, e a investire in asset di qualità. E crediamo che a questo punto ci sia spazio per il consolidamento. Pensiamo a una eventuale acquisizione o a una fusione. Una cosa è certa: il nostro approccio è opportunistico, ci preme la profittabilità e non la dimensione”.
 
Un’ultima parola, a margine, sull’articolo 27 del decreto salva Italia la concede Mazzocco. “Io lo trovo molto utile. Troppe volte lo si è criticato senza sapere esattamente che cosa in effetti contiene. Io dico: leggiamolo attentamente. E vediamo di dargli seguito”. Un invito a tutti gli attori coinvolti, pubblici e privati.

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