Pirates of the Caribbean

Ci sono ancora 13 vascelli e 228 marinai nella mani dei preparatissimi pirati del Golfo di Aden; quello che ormai le televisioni di tutto il mondo descrivono come “il tratto di mare più pericoloso al mondo”.

Dopo l’uccisione di tre pirati durante un blitz organizzato dalla marina militare americana, molti ora chiedono a gran voce che tutta l’area venga seguita con un approccio più attivo dalla diverse forze militari presenti nella regione.

L’ultimo blitz statunitense, ha avuto come obiettivo la liberazione del comandante di navi mercantili, Richard Philips, a capo della nave mercantile battente bandiera americana Maersek Alabama. 

La scorsa settimana invece due pirati e un ostaggio francese hanno perso la vita in un altro scontro a fuoco scoppiato durante la liberazione di un’imbacazione a vela francese. Le trattative tra il Governo francese e i pirati avevano portato ad un’offerta del Governo di Sarkozy che è stata però rifiutata dai pirati. Una volta compreso che i negoziati non avrebbero portato da nessuna parte e mentre l’imbarcazione con gli ostaggi stava per essere portata vicino alla costa, l’Eliseo, esattamante alle 3.30 del pomeriggio del 10 aprile, ha dato ordine di attaccare l’imbarcazione e liberare gli ostaggi. 

Il blitz si è concluso con un caduto tra gli ostaggi e due rapitori uccisi. Liberati gli altri quattro ostaggi, incluso un bambino, mentre perde la vita Florent Lemacon, armatore dell’imbarcazione.

Oggi un’altra imbarcazione è stata sequestrata dai pirati: si tratta del cargo MV Irene E.M., bloccato poco prima dell’alba nel Golfo di Aden. È il terzo assalto in una settimana.

Ora la questione vede da una parte gli ‘interventisti’ pronti a chiedere un maggior utilizzo della forza militare; dall’altra i politici e gli stessi alti ufficiali della marina, che rifuggono da un intervento militare su vasta scala. Un’operazione praticamente impossibile dicono dalle alte sfere della Marina, visto l’enorme tratto di  mare che i pirati ormai controllano. Dal canto loro i moderni ‘picari’ del Corno d’Africa, fino ad oggi, non hanno mai fatto ricorso alla forza ne sparato sui prigionieri limitandosi ad incassare i ricchi bottini frutto dei sequestri. Certo se il livello degli scontri dovessi alzarsi non è assolutamente da escludere che le centinaia di prigionieri siano ancora al sicuro nelle mani dei pirati, che li potrebbero tranquillamente utilizzare come scudi umani o merci di scambio. 

Dal punto di vista delle compagnie di trasporto (quelle che adesso pagano ’stecche’ salatissime per transitare nel Golfo senza problemi) l’idea di pagare una tassa fissa per transitare nella regione è ormai entrata nelle corde degli armatori. Altri invece pensano di far passare i carichi preziosi dal Capo di Buona Speranza, sicuramente più sicuro ma più costoso in termini di percorrenza.

In tutto questo trambusto, sedute in disparte, le compagnie assicurative vedono i premi  sui carichi delle navi schizzare verso l’altro salvo poi dover ripagare eventi costossisimi quel può essere il sequestro di una nava o parte dell’equipaggio. 

In defintiva sembra che la forza di mare dei paesi occidentali abbiano perso l’egemonia sui mari, almeno in questa area del pianeta; mettendo ancora una volta in evidenza la scarsa capacità di coordinamento tra le forze militari dei diversi paesi e sollevando (ancora una volta) il quesito se l’unica strada per risolvere la questione non sia in mare bensì sulla terra ferma, tra le coste della Somalia.

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