Il Trader Vic Index: inflazione US, dollaro debole e rialzo delle commodities

L’attuale crisi finanziaria che ha colpito l’economia statunitense è la peggiore dalla Grande Depressione, quando nel 1937-8 il settore industriale perse il 49,1%, secondo il DJ Industrial Average Index. Il declino del mercato azionario di oggi ed il calo dei prezzi al consumo sino all’attuale deflazione, hanno spinto il governo US ad evitare una nuova depressione come quella degli anni ’30, seguendo una politica quasi keynesiana, immettendo denaro nel sistema, al fine di sostenere il settore bancario e creditizio e l’economia americana in generale. Già nel 1938 il crash azionario gravò sul sistema USA, per poi riprendersi post-crisi, registrando nove mesi di rally al 60%. Quello che è accaduto ai giorni nostri è qualcosa di molto simile, con un crollo dei corsi azionari, soprattutto delle blue chip, con valori in ripresa a partire da inizio 2009. Certamente, una vera recovery resta ancora distante. In sostanza, quello che gli investitori cercano di capire, sulla base di quanto appreso dagli eventi del 1939, è dove andremo a finire oggigiorno. Più che comprare e vendere, gli investitori devono concentrarsi sulle strategie di trading ed in questa direzione si posiziona il Trader Vic Index, l’indice rules-based che prende il nome dal nickname con il quale è conosciuto Victor Sperandeo, uno dei più famosi trader al mondo.

L’innovativo indice di gestione dei rendimenti dei futures fornisce agli investitori portafogli diversificati, catturando i trend al rialzo o al ribasso di 24 contratti future estremamente liquidi su materie prime fisiche, valute internazionali ed i tassi d’interesse US. Dall’incontro odierno con uno dei “master di Wall Street”, la visione di Trader Vic sull’economia americana che ne è emersa, è una view pessimista. Secondo l’ex trader, il dollaro è destinato a perdere il 10% nei prossimi mesi, causando, di conseguenza, un rafforzamento dell’euro sulla divisa USA. L’azionariato americano è destinato a crollare ulteriormente, mentre i tassi d’inflazione saranno mantenuti costanti, almeno nel breve periodo. Verso fine 2009 ed inizio 2010, vi sarà una leggera ripresa più che altro spinta dalla fiducia che da un vero sostegno dei fondamentali. In seguito, ad ogni modo, secondo Sperandeo, gli Stati Uniti conosceranno una recessione significativa. La Fed è costretta ad immettere domanda nel sistema per far crescere il Pil e, se ciò dovesse davvero verificarsi, tale offerta di moneta causerà inequivocabilmente un aumento dell’inflazione, con costi per miliardi di dollari. L’offerta di moneta e le politiche per combattere la disoccupazione, spingeranno sì verso l’alto il Pil americano, tuttavia aumentando il già alto debito USA. Questo circolo vizioso, però, potrebbe positivamente impattare sulle commodities grazie all’aumento del Pil americano; ad esempio, il petrolio potrebbe continuare a salire, anche oltre gli attuali 66 dollari al barile.

Se si crede nell’inflazione, dunque, il TVI può rivelarsi un ottimo investimento: nel 2008, il rendimento annuo del TVI ha seguito e sovraperformato l’indice US CPI. E se, invece, si punta sull’indebolimento del dollaro, i dati mostrano come il CRB (Commodity Research Bureau) si muova in maniera inversa rispetto all’andamento della valuta, a partire dal 2003 in particolare. In altre parole, un dollaro più debole rafforzerebbe il mondo delle materie prime. Unendo le due fattispecie, se il Pil americano aumenterà prossimamente spinto dalle politiche della Fed e del governo, inflazione e materie prime ne beneficeranno “cavalcando il toro”, a scapito del dollaro e del debito americano.

Il TVI, costruito e calcolato da ABN Amro/RBS, in particolare, offre rendimenti assoluti in periodi di moderata volatilità dei mercati, indipendentemente dalla direzione che il mercato segue. Infatti, la strategia dinamica dell’indice si giostra tra strategie long e short a proprio vantaggio, a seconda del trend di mercato, beneficiando dalla ciclicità dell’economia in qualsiasi direzione. L’indice ben performa, come detto, nelle fasi intermedie di volatilità, non nei picchi, alti o bassi che siano. Il vantaggio del TVI è la trasparenza delle modalità operative e l’alta liquidità fornita quotidianamente. In base ai pesi attribuiti ad ogni asset class, l’indice va short o long a seconda delle fasi di mercato (i prezzi dei contratti sono considerati sulla media mobile attesa). In sostanza, a seconda del fatto che ci si trovi sopra o sotto la media mobile attesa, l’indice va lungo o corto sul portafoglio diversificato.

Dal 1990 al 2008, soprattutto dal 2000 in poi, il TVI ha sovraperformato l’andamento crescente di altri indici quali MSCI World, S&P GSCI e World Government Bond Index, grazie alla sua capacità di andare short (non sull’energia però). Nel periodo considerato, in termini di rendimenti medi annui, il TVI ha una percentuale di vincita del 98,1%, contro il 72,6% del MSCI World, 60,5% del S&P GSCI e l’85,6% del World Government Index. In sostanza, laddove gli indici tradizionali hanno delle lacune, il TVI ha mostrato un periodo di ripresa dai drawdown più veloce (minimizza meglio le perdite). Infine, l’indice viene ribilanciato automaticamente ogni mese e, per determinate asset class, esiste anche una componete discrezionale che viene di volta in volta rivista. Su tale indice, presto RBS intende costruire un nuovo fondo, del quale parleremo presto e, probabilmente, anche dei certificates.

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