Scudo fiscale, rimpatrio o regolarizzazione?

L’obbligo di rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali estere è quanto sancito dal terzo scudo fiscale, che troverà applicazione a partire da settembre. L’emendamento stabilisce un’aliquota del 50% su un rendimento presunto annuo del 2% del capitale negli ultimi cinque anni, ossia un prelievo di quasi il 5% sul capitale. Le attività finanziarie, ricordiamo, sono quelle detenute almeno al 31 dicembre 2008 e saranno regolarizzate a partire dal 15 settembre 2009 fino al 15 aprile 2010.

Secondo Reuters, nonostante nel decreto fiscale non vi siano stime di gettito, lo scudo potrebbe portare nelle casse del governo dai 2,5 ai 5 miliardi di euro, a fronte di capitali rimpatriati o regolarizzati per 50-100 miliardi.

Un’altra questione aperta concerne la tassatività o meno del prelievo sul capitale del 5%, ma i contribuenti potrebbero aderire alla sanatoria ad un costo minore. Se le attività all’estero sono state detenute solo per un anno, ipotizza Reuters, il prelievo potrebbe scendere dell’1%, pagando il contribuente un’aliquota del 50% sul rendimento presunto del 2% su soli 12 mesi.

Riguardo alla lotta contro i paradisi fiscali, la sanatoria di [p]Giulio Tremonti[/p] è in linea con la politica attuata in America, ha dichiarato il ministro il15 luglio. L’emendamento italiano, però, si distingue per la protezione e l’anonimato garantiti all’evasore. Mentre, infatti, in Paesi come Stati Uniti, Francia e UK i provvedimenti adottati sono a favore dell’”emersione spontanea”, ha ricordato [p]Mario Draghi[/p], in Italia lo scudo fiscale garantisce la riservatezza delle informazioni. Negli altri Paesi, invece, tale “personalizzazione” aiuterebbe i governi nel comprendere e combattere in futuro l’evasione fiscale.

Un discorso a parte merita la Svizzera, nazione non facente parte dell’Unione europea, per la quale vale il discorso del rimpatrio delle attività, essendo un Paese extra-europeo. La sanatoria, infatti, riguarda attività rimpatriate in Italia da Paesi fuori dai confini europei, o regolarizzate o rimpatriate se in Stati membri “che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa”. In quest’ultimo caso, Reuters specifica come per Liechstein e Andorra, che non garantiscono tale scambio di informazioni fiscali, vi sia l’obbligo di far rientrare i capitali in Italia. Certamente, nel caso in cui questi Stati condividessero i propri flussi informativi con i Paesi Ue, sarebbe allora possibile la sola regolarizzazione dei capitali.

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