Se ci si trova di fronte una realtà complessa, tentacolare, in grado di celare le proprie responsabilità dietro un’infinità di mosse scaricabarile vestite da attenzioni formali, la sfida si fa decisamente ostica e la frustrazione dell’italiano medio si fa largo nel nostro animo a colpi di rabbia. Ebbene, dal 1° gennaio 2010, le nostre coronarie potrebbero prendersi una bella rivincita; arriva la class action. Ma siamo sicuri di sapere cosa ci aspetta?
Tutela in stile americano con società costrette a mega rimborsi? Non proprio. Secondo il noto modello statunitense ogni danneggiato può agire e chiedere l’introduzione di un’azione collettiva al giudice, che è chiamato a decidere in primo luogo sulla sua ammissibilità, e solo successivamente a decidere sul merito, mentre in Italia la legittimazione ad agire è attribuita solamente alle associazioni dei consumatori, alle associazioni dei professionisti e alle camere di commercio, ma non ai singoli danneggiati. Ma entriamo nel dettaglio.
In base a quanto contenuto all’interno della legge 99 del 23 luglio 2009, promossa dal governo Berlusconi. L’azione tutela:
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;
b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale;
c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
A corredo di questo aspetto vi è anche la mancanza della retroattività: nella pratica questa legge non si potrà applicare nei casi di tutti quei consumatori danneggiati dai vari crack finanziari di questi ultimi anni (come non citare Cirio e Parmalat). Ovviamente le associazioni di riferimento non l’hanno presa bene, con Adiconsum che ha tuonato: “Questa class action non è di alcuna utilità nell’accrescere la tutela dei consumatori contro le furbizie”. Aggiungendo poi: “riteniamo forte l’esigenza di apportare modifiche a questo testo se effettivamente si vuole dare uno strumento per risarcire le migliaia di consumatori vittime di truffe e raggiri”. Un rumore servito a poco. Insomma, tutela sì, ma non troppo e solo se tanti piccoli si uniscono in un’unica entità collettiva; per la serie un gigante lo abbatto con un altro gigante. Come ribadiva Massimiliano Dona (nella foto), segretario dell’Unione Nazionale Consumatori. “Un testo inutile, nel senso che è destinato a restare pressocchè inutilizzato: nessun consumatore darà l’avvio ad un’azione risarcitoria collettiva per le difficoltà tecniche, i costi e i rischi di una simile iniziativa”. Evidentemente, in Italia, il destino della “formica” non interessa a nessuno.
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