Scudo da family business

di Antonello Di Mascio

 Lo scudo fiscale può contribuire ad affrontare queste criticità e in una visione sistemica può certamente contribuire a rilanciare il sistema paese. In Italia, come nelle principali economie europee il peso delle piccole imprese è più elevato nei settori a bassa tecnologia, ovvero nei nostri settori di specializzazione produttiva.
Nei settori a bassa tecnologia l’industria italiana impiega quasi il 70% degli addetti nelle piccole imprese (contro il 40% nei principali paesi europei). Il nanismo delle imprese italiane si riflette sia sul grado di diversificazione geografica, che è una funzione crescente delle dimensioni aziendali, sia sulla produttività che aumenta all’aumentare della dimensione sugli investimenti in IT che a loro volta si riflettono sulla produttività. La produttività dell’industria manifatturiera italiana aumenterebbe del 20% circa se l’industria italiana avesse la stessa struttura produttiva e dimensionale dei principali paesi europei. L’effetto dimensionale è inoltre molto più rilevante di quello settoriale: la dimensione non è un valore in sé ma aiuta a mettere in atto strategie competitive più efficaci.
Secondo le statistiche meno del 15% delle imprese familiari sopravvive alla terza generazione: la crisi delle imprese familiari rappresenta una delle maggiori cause della perdita di lavoro anche a livello europeo.
Ci sono dati particolarmente interessanti e preoccupanti: il 40% dei passaggi di proprietà avviene fuori dalla famiglia proprio perché il passaggio generazionale non viene percepito come un progetto e quindi non viene programmato. Il 56% delle imprese familiari che fallisce deve il fallimento a lotte intestine tra padri e figli, tra fratelli e tra cugini. Siamo in presenza di un paradosso: quanto più è forte l’affetto dell’imprenditore per la famiglia, tanto meno le scelte strategiche delle imprese vengono effettuate con pragmatismo manageriale e quindi tanto più ciò alimenta insoddisfazioni familiari minando la saldezza del rapporto famiglia e impresa.
Questa crisi può apparire come una grande occasione per il Sistema Italia. È ormai riconosciuto come essa possa rappresentare quasi una ultima occasione per il nostro sistema produttivo e per un rilancio della economia del nostro Paese in un contesto internazionale. La crisi attuale ha infatti evidenziato come i sistemi economici particolarmente basati sulla finanza, e in particolare sulla finanza innovativa creativa a distribuzione popolare, siano deboli nella loro forza ciclica e come le economie emergenti in realtà dipendano ancora molto dai consumi e dal life style dei paesi più industrializzati. In questo quadro il sistema Italia sta affrontando la crisi attuale con un elevato indebitamento pubblico a cui si affianca tuttavia un sistema bancario complessivamente più sano rispetto ad altri paesi e soprattutto a cui si affianca un sistema famiglie finanziariamente sano. Se le medie imprese rispondono all’appello delle loro associazioni di categoria di crescere dimensionalmente (per acquisizione o per fusione) e di abbandonare l’ossessione del controllo assoluto della loro azienda ed accettano di sviluppare realmente un quarto capitalismo diffuso, emerge chiaramente il potenziale complessivo che il sistema paese può esprimere.
Anche lo scudo fiscale può rappresentare una opportunità per quegli imprenditori che sono nella condizione di poterne usufruire gli effetti: “in base al comma 3 dell’articolo 13-bis del decreto, le operazioni di emersione non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente in ogni sede amministrativa o giudiziaria, civile, amministrativa ovvero tributaria, in via autonoma o addizionale, con esclusione dei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 103 del 2009 (4 ottobre 2009). Ai soli fini tributari, inoltre si ritiene che tale divieto valga con riferimento non solo ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha effettuato le operazioni di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti riconducibili al contribuente stesso in qualità di dominus. Pertanto, ad esempio, le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione effettuate dal dominus di una società di capitali non possono essere utilizzate ai fini dell’avvio o nell’ambito di un’attività di controllo fiscale nei confronti della medesima società. Allo stesso modo le operazioni di emersione non determinano accertamenti nei confronti dei soggetti interposti attraverso i quali il contribuente ha detenuto all’estero le attività rimpatriate o regolarizzate (…)”.
Lo scudo fiscale ter non rappresenta un condono tombale e quindi la valutazione se aderire ad esso o meno dipende dall’imprenditore che sa come sono stati generati capitali all’estero e non dichiarati.
Ricordando Sant’Agostino secondo cui “in interiore homine habitat veritas”, l’imprenditore può valutare se e come aderire. Lo scudo per un imprenditore rappresenta comunque una opportunità poiché facendo rientrare capitali dall’estero può facilitare il loro passaggio generazionale e li rende utilizzabili. Può utilizzarli anche per dare vita ad un patto di famiglia e, in presenza di determinate condizioni, per rinforzare la struttura patrimoniale dell’impresa e dare luogo ad un nuovo percorso di sviluppo.
L’utilizzo di una fiduciaria inoltre può risultare particolarmente utile nell’adesione allo scudo fiscale.

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