Bernie Madoff e Calisto Tanzi: il primo fermato dalla Sec, il secondo dalla Tv

di Pompeo Locatelli

Il nostro Callisto, pio uomo di Chiesa, di bugie ne ha dette più d’una: l’ultima, quasi a festeggiare il primo compleanno dello scandalo Madoff, ai primi di dicembre ribadendo davanti alle telecamere di Report quel che aveva già detto da imputato in tribunale: la mia collezione di quadri non c’è più. Ovvero non ho sottratto una lira alle migliaia di risparmiatori truffati cui ho già chiesto scusa. E che vogliono di più? Probabilmente la testa del bugiardo, dopo la scoperta di una pinacoteca di opere d’arte di cospicuo valore.
Naturalmente le differenza tra Bernie e Callisto sono più d’una. Il primo, meno di un anno dopo lo scoppio dello scandalo, è in galera con la prospettiva di non uscirne più da vivo.
Il secondo, sei anni dopo la scoperta della macchina tipografica che a Collecchio falsificava i crediti e i depositi presso le banche dei paradisi fiscali, dorme ancora nel suo letto. Anzi, ha aperto una nuova attività e nutre la speranza, dopo una probabile detenzione data la più che probabile condanna per bancarotta fraudolenta (colpa dei quadri), di uscire di prigione. Ma questa è un’altra storia che affido volentieri al dibattito sul diritto penale che non mi compete.
Anche se mi domando perché ci sia voluta un’inchiesta tv per scoprire quadri non nascosti in capo al mondo, ma in Italia. Possibile che gli inquirenti, dopo anni di lavoro e tante scartoffie, non siano stati in grado di individuare un “tesoretto” di cui erano a conoscenza (cito le testimonianze tv) numerosi esperti e periti?
La terza differenza tra Madoff e Tanzi sta nel fatto che gli inquirenti USA sono riusciti a recuperare 49,4 miliardi di dollari investito in mezzo mondo.
In Italia, a parte il buon lavoro di Enrico Bondi che ha restituito all’Italia un’ottima azienda (e riconsegnato ai risparmiatori parte del maltolto finito alle banche) ci si deve affidare alla tv. Intanto, l’effetto più evidente per il risparmiatore consiste nel fatto che, per evitare nuove Parmalat, è stato in pratica vietata ai privati la sottoscrizione dei corporate bond più redditizi, appannaggio esclusivo delle banche che poi li rivendono, con congruo sovrapprezzo, ai fondi da loro gestiti.
Oltre al danno, insomma, la beffa. Ma consolatevi: dal primo gennaio prossimo scatta la riforma.
I risparmiatori “più evoluti” potranno comprare direttamente allo sportello anche i bond considerati più rischiosi o di grande taglia. Come si entra nella schiera dei più evoluti?
Semplice: basta dimostrare di fare più di 40 operazioni finanziarie all’anno e disporre di un patrimonio liquido di almeno mezzo milione. Giudicate voi…

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