Che brivido, Budapest in Caa3 Più tranquilli con Unipol al 5,12%

di Paolo Brambilla

Evidentemente non abbiamo molta fantasia. Un po’ di aiuto ci viene dall’ultimo rapporto pubblicato dall’americana SIFMA (Securities Industry and Financial Markets Association) a proposito dei Municipal bonds degli Stati Uniti. Obiettivo dichiarato di questo studio è riuscire a prevedere il comportamento di emittenti e risparmiatori. Nonostante le difficoltà fiscali a livello del singolo stato USA, opinione della gran parte degli intervistati è che il 2010 sarà un anno importante per i Municipal bonds, con un aumento di circa l’8% in volume rispetto al 2009 (già di per molto positivo) anche grazie al programma “Build America Bonds” promosso dal Governo.
Sostanzialmente tutti gli intervistati si aspettano una crescita dei tassi nel corso del 2010, sia a causa di una lieve pressione inflazionistica, sia grazie a una certa ripresa economica. Per essere più precisi ci si aspetta un rendimento del 1,36% a giugno e del 2% a fine anno per le Treasury notes a 2 anni, ovvero del 3,29% a giugno e del 4,38% a fine anno per le Treasury notes a 10 anni. Perché è importante tenere sott’occhio questi valori? Perché anche i bonds tripla A tengono conto di quest’ultimo benchmark: ad esempio ci si aspetta che i Municipal bonds possano stare un po’ al di sotto, perdendo pure qualche punto base nel corso dell’anno. Fra i rischi invece gli intervistati evidenziano il deficit federale e le crescenti necessità di finanziamento da raccogliere sul mercato. Su questo siamo pienamente d’accordo anche noi. Tiriamo le somme: che cosa potrebbero fare, con un po’ di logica, i cittadini americani? Spostare una parte degli investimenti, anche piccola, sui bonds internazionali, evitando di tenere tutte le uova nello stesso paniere. Raggiungerebbero due risultati: di contrastare l’eventuale calo del dollaro, investendo anche in altre valute, e di avvantaggiarsi degli alti tassi di interesse che numerosi emittenti non americani sono disposti ad offrire. Perché allora noi europei dovremmo ora abbandonare gli investimenti in euro a favore di quelli in dollari?
Per acquistare una tripla A in dollari dovremmo considerare la Federal Home Loan Bank che offre un misero 1,38% a 3 anni, oppure, per ottenere di più, cioè il 5,93%, impegnarci per 30 anni con uno zero coupon della KFW. Ne vale la pena, quando le attese per le Treasury notes a 10 anni sono del 4,38% a fine 2010? Meglio allora accettare un rischio maggiore (rating Ba3) e sottoscrivere il bond Nomos Bank in dollari che ci remunera con il 9,73%, con scadenza vicinissima, il 2012. Il problema è che, pur trattandosi di una delle principali banche private russe, fondata nel 1993, non tutti sono d’accordo su questo tipo di investimento in Paesi dell’Est europeo. Chi preferisce restare negli Usa può prendere in considerazione l’emissione di Quintiles Transnational Corp., un’organizzazione di ricerca clinica che ha al suo attivo numerosi successi in campo medico, alleanze con AstraZeneca ed Allergan, premi e riconoscimenti. Con un rating B2, BB- offre un interesse del 10,26% per scadenza 2014. C’è da farsi passare i sintomi di qualsiasi malattia.
E veniamo all’euro. Occorre rischiare un po’ per spuntare un 9,99% con la Magyar Telecom scadenza 2016, retrocessa recentemente a Caa3 da Moody’s (e ancora in osservazione) oppure con scadenza 2017 sottoscrivere il prestito della Cemex che promette un ottimo 9,86%, ma ha pesanti collegamenti con uno stato (il Messico) quasi al fallimento. Meglio forse stare più cauti e accontentarsi del 5,12% del nostrano gruppo Unipol, il cui collocamento nasce sotto migliori auspici con richieste doppie rispetto all’ammontare offerto.

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