Riforma fiscale – Per Tremonti si può fare

Per il 2010 il governo prevede di varare tre riforme: giustizia, scuola e fisco. Lo avrebbe annunciato il presidente Silvio Berlusconi in presenza degli europarlamentari del Pdl.
Al primo posto si trova ovviamente la riforma della giustizia, che servirà al premier per evitare i processi Mills e per i diritti Mediaset, poi verrà la riforma fiscale che non significherà tuttavia una reale riduzione delle tasse nel 2010.
Nonostante siano giunte smentite da parte del segretario alla Presidenza su quest’ultima affermazione di Berlusconi, risulta davvero improbabile che il Paese a fronte del pessimo stato dei conti pubblici, situazione aggravata inoltre dalla recessione, possa davvero sostenere uno sgravio fiscale.

Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, sebbene si fosse già in passato manifestato scettico riguardo alla possibilità, in seguito alle affermazioni del premier ha dichiarato che la riforma fiscale è possibile, ma solo se supportata da grande consenso e caratterizzata da molta prudenza.
“Il fisco italiano non riflette più la realtà dell’Italia”, ha dichiarato il ministro. “Con Berlusconi siamo convinti che non si può entrare nel nuovo secolo con gli strumenti di cinquant’anni fa. E tuttavia abbiamo una serie di vincoli, a partire dal debito pubblico. Sappiamo che non possiamo fare errori, e dobbiamo tra l’altro combinare la riforma fiscale con il federalismo fiscale. È un meccanismo ad alta complessità”, spiega Tremonti,  “Ecco perché servono insieme alla determinazione politica e all’ottimismo sempre necessario anche una grande prudenza e un grande consenso”.

Riguardo il tema dell’aumento del debito pubblico Tremonti ha ammesso: “È vero che abbiamo un debito che sale”, ma a suo parere le cause di questo aumento si troverebbero nella “fortuna” del Governo Berlusconi di aver previsto con anticipo la crisi, dando priorità alla preservazione dello Stato sociale.
Al di là di questo ragionamento del ministro più o meno condivisibile, i punti evidenziati da Tremonti a favore dell’operato dell’amministrazione sono che, in primo luogo, “il debito italiano cresce meno della media europea”, in secondo luogo, “i premi di rischio sul debito italiano sono minori rispetto a quelli di Paesi che hanno un debito più basso. Dietro questo fatto”, afferma il ministro, “c’è una valutazione complessiva e finora positiva dello stato economico e della politica di bilancio italiana”.

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