Cds, pericolo di manipolazione

di Fabrizio Tedeschi

Nelle ultime settimane le quotazioni dei credit default swap (cds) hanno avuto un andamento interessante. Oltre alla lievitazione dei cds dei singoli stati in corrispondenza con l’aumento dei differenziali delle emissioni di buoni del tesoro (indice di sana selettività), si è verificato un fenomeno raro: i cds delle banche sono risultati più costosi di quelli delle imprese industriali.
In sintesi il mercato ha giudicato le banche esposte al rischio di default in misura maggiore delle aziende finanziate e di conseguenza ha valutato il debito bancario di qualità inferiore a quello delle imprese. Secondo gli investitori in questi particolari strumenti finanziari le banche si sarebbero trovate a valutare il merito di credito di imprese più solide di loro. Paradossalmente sarebbero state queste ultime a dover chiedere alle banche il rating anziché il contrario. La stessa cosa avrebbero dovuto fare gli investitori che avessero affidato alle banche i propri risparmi. Una situazione tanto assurda da durare pochi giorni, dopo di che le quotazioni hanno ripreso il loro corso “normale”.
Al riguardo possono farsi alcune considerazioni.
Era accaduto in passato che i cds statali quotassero più di quelli aziendali. La situazione poteva essere stata determinata dal fatto che gli stati, al proprio rischio, sommassero quello delle imprese che andavano sostenendo. Dopo qualche tempo il mercato si riposizionò e i cds statali ritornarono alla “normalità”. Può essere accaduto che i cds bancari abbiano aggiunto al rischio della banca quello delle imprese finanziate e questo ne abbia aggravato il costo. Questa sarebbe la spiegazione razionale del fenomeno.
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