Quanto è comodo l’uragano

Patrizio Pazzaglia

Tanto tuonò che piovve. Utilizzando la metafora meteorologica, le nubi che, dopo il sereno di inizio anno, si sono cominciate ad addensare, prima sparute e poi via via più minacciose sui listini azionari, hanno scaricato i loro perniciosi effetti sulle quotazioni, penalizzate da una rapida ed incisiva correzione.
La speculazione ha intravisto buone potenzialità di guadagno nell’attacco ai paesi dell’Eurozona considerati meno virtuosi in tema di bilancio pubblico, scommettendo contro la moneta unica e i differenziali di rendimento di paesi quali Grecia, Portogallo, Spagna e, in misura minore, Italia.
Anche in questa occasione, il pretesto da cui sono nati e si sono acuiti i problemi fino a contagiare l’economia reale è sempre di natura finanziaria: prima la crisi delle banche, adesso il dubbio che si insinua sulle capacità di sostenere il debito degli stati sovrani. 
In effetti, dopo le politiche fiscali di stampo Keynesiano adottate dai governi per sostenere il ciclo economico, le finanze pubbliche di molti paesi risultano fortemente sbilanciate e, in alcuni casi, fuori controllo. A titolo di esempio, i parametri di Maastricht sono ormai stati infranti dalla totalità degli stati membri dell’eurozona, a causa degli aiuti pubblici concessi al sistema finanziario ed industriale. Il rapporto debito/Pil, fissato dal trattato al 60%, è schizzato in media ad oltre l’80%, mentre il quoziente deficit/Pil, dal 3% previsto, è balzato a circa il 5% in Germania per arrivare all’8% in Francia e addirittura ad oltre il 10% in Grecia, Portogallo, Irlanda e Spagna. Se poi aggiungiamo le improvvide dichiarazioni improntate al pessimismo di alte cariche istituzionali, quali quelle del commissario UE Joaquin Almunia e del direttore del FMI Strauss Kahn, che evidentemente poco sanno di psicologia comportamentale degli investitori, il quadro di negatività sembra al completo. Gli Stati Uniti non sembrano messi meglio, perlomeno sul fronte deficit/Pil, ma hanno mostrato una reazione più composta da parte dei loro indici azionari di riferimento. Il fatto è che questi squilibri erano già noti agli investitori, ma ora fa comodo enfatizzarli e cavalcarli con finalità speculative, magari, paradossalmente, utilizzando la liquidità a basso costo offerta dalle Banche Centrali.
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