Ora il mercato ragiona sullo stomaco

di Michele D’Antoni

Piccolo abbaglio: il mercato si concentra sui titoli difensivi come il food, tradizionalmente anticiclico. Non è esatto, appunto. L’attenzione sui titoli del comparto alimentare non è un fatto difensivo quanto, semmai, espansivo. Almeno al momento attuale. Il ragionamento parte, come sempre più spesso accade, dai paesi emergenti o, per meglio dire, già emersi come India, Cina e compagnia bella. Se un occidentale, un europeo o un americano consuma, per dire, 34 litri di Coca Cola all’anno, quanti ne consuma un cinese? Una media di mezzo litro? Quanti sono i cinesi? Sono 1,4 miliardi di individui. Se la loro media di consumo annuale della Coca Cola passa anche dall’ipotetico messo litro al litro, quanti benefici può avere la Coca Cola? Risposta: benefici in quantità impressionante.

Ecco perché in borsa, anzi nelle borse, si comprano titoli del food and beverage. In sostanza si confida sul numero degli abitanti dei paesi emergenti che rappresentano un moltiplicatore commerciale spaventoso e sulla loro nuova capacità di disporre di ricchezza. Attenzione: in questo caso non stiamo parlando dei cosiddetti nuovi ricchi, ma semplicemente di nuovi piccoli borghesi che cominciano a potersi concedere lussi minimi, come appunto, un pranzo al ristorante o comprare un dentifricio. Lo stesso ragionamento, infatti, vale per i farmaci.

Finora in molti paesi si curavano (o si curano ancora) malattie endemiche di grandi dimensioni come la lebbra, l’aids, persino il vaiolo. Ma si curano attraverso la sanità pubblica o comunque semigratuita portata dalle Ong o da strutture socio sanitarie locali di base. Se un indiano ha mal di pancia o mal di testa, fino a qualche tempo fa se lo teneva, difficilmente trovava il farmaco per farselo passare. Semplicemente perché non aveva i soldi per comprarselo oltre alla difficoltà di reperirlo. Ma se oggi gli indiani cominciano a poter spendere un euro per comprarsi un’aspirina quante aspirine si possono vendere in India?

L’occidente ha scoperto i mercati emergenti da ormai diversi decenni, ma almeno fino alla metà degli anni 80 del secolo scorso li ha sempre presi in considerazione per la loro intermittenza. Ogni tanto se ne accendeva uno, ma poi si spegneva dopo qualche mese. Da una trentina d’anni, appunto, gli emergenti hanno cominciato a costruire dei propri mini-cicli economici basati soprattutto sul manifatturiero che portavano ricchezza quasi esclusivamente per i produttori. Negli ultimi anni, invece, la ricchezza ha cominciato a distribuirsi e adesso anche ad aumentare. Ecco perché al mercato comincia tanto a piacere lo stomaco.

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