Debuttano i contingent capital, obbligazioni per scacciare la crisi

di Corrado Capacci

Nel corso del 2009, in seguito al fallimento di Lehman Brothers, molte banche sia in Europa che negli Stati Uniti hanno vacillato rischiando di finire anch’esse in bancarotta e se non fosse stato per il massiccio intervento dei governi probabilmente avrebbero seguito la sorte di Lehman.
Nel contesto di questa grave crisi agli occhi dei regulator è apparso evidente che ai fini della sopravvivenza delle banche in situazioni di forte stress, il cosiddetto capitale ibrido (obbligazioni subordinate) si è rivelato sostanzialmente inutile, con l’aggravante che questi titoli nella maggior parte dei casi hano continuato a produrre un reddito per l’obbligazionista.
Nell’ambito di una più generale revisione, ormai nota come “Basilea 3”, condotta dalla Banca dei Regolamenti Internazionali (che svolge un ruolo di coordinamento dei vari regulator locali), stanno cominciando ad emergere nuove forme di debito subordinato bancario pensate per poter rispondere meglio a eventuali crisi future.
Una di queste è il “Contingent Capital”, vale a dire una forma di debito che può essere convertito in azioni qualora i coefficienti di patrimonializzazione della banca scendano sotto una soglia prefissata.
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