Inizia un nuovo livello per l’Economics Game

di Pompeo Locatelli

Non mi intendo di videogiochi. Ma ho la sensazione che la crisi economica si muova secondo le regole di uno di quei giochi elettronici a più stadi che tanto piacciono agli adolescenti. Nel primo stadio l’obiettivo del gioco era di salvare le banche. Nel secondo, le forze residue sono servite a salvare il mondo delle (grandi) imprese. Nel terzo, la sfida riguarda i bilanci degli Stati, a partire da quelli che hanno investito massicce risorse senza aver risolto alcun problema. 
Al primo livello, per salvare il mondo delle banche e della grande finanza, nella sola Unione Europea è stata investita una somma enorme, pari al 25 per cento del prodotto interno lordo. Ma, nonostante questo sforzo senza precedenti, la crescita della comunità quest’anno non supererà l’1,5 per cento. Eppure, dopo le iniziali resistenze, la Germania ha profuso grosse energie per riattivare un circuito virtuoso dell’economia: nel 2009 il governo federale ha fatto 40 miliardi di nuovi debiti, il doppio è previsto per quest’anno. Il risultato più evidente, per ora, è stato solo il forte aumento del debito pubblico. Niente di paragonabile alla voragine italiana, per carità. Ma non c’è da rallegrarsi: un alto debito pubblico, come ben sappiamo noi italiani, fa da freno alla crescita. 
E una Germania che cresce meno rischia di compromettere le poche speranze di recupero dell’economia italiana che tanto dipende dagli acquisti dell’industria tedesca. Prima ancora, le esigenze finanziarie degli Stati dell’area euro, come ha ben dimostrato la crisi greca, minacciano come uno tsunami le ricchezze delle famiglie. 

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