Banche centrali all’opera

D’altra parte, come farebbero tali banche ad alzare il costo del denaro in un momento come quello che stanno vivendo le due economie? La Gran Bretagna è riuscita, per il momento, a togliersi dai riflettori approfittando della “bomba” euro, ma non dobbiamo dimenticarci che la situazione del suo debito sta andando peggiorando notevolmente, e le politiche fiscali contenitive, che vogliono contribuire ad arginare il problema, risultano essere sempre più complicate.

In una situazione del genere, andare ad effettuare manovre di politica monetaria restrittive a cosa servirebbe? Non c’è ripresa forte (tanto più che il Paese vive per la maggior parte di servizi e molti di essi sono legati al mondo della finanza, che sappiamo tutti come si sta comportando ora) ed il rischio inflazione è lontano, nonostante gli ultimi aumenti dovuti soprattutto all’indebolimento della sterlina e all’aumento dei prezzi del petrolio (come specificato nell’ultimo Inflation Report).

E’ altrettanto vero che i manuali accademici ci insegnano che le mosse delle banche centrali risultano essere tanto più efficaci, quanto più imprevedibili, ma una mossa del genere, in un momento così delicato, porterebbe sconquasso sui mercati con la probabile conseguenza di acquisti di sterline immotivati dal punto di vista macro, ma che verrebbero implementati velocemente, senza troppo pensarci, per non perdere un possibile treno in partenza (qualche punto in più di guadagno derivante dal differenziale di tassi tra le sterline e le altre valute non farebbe di certo male, in un mercato a caccia di rendimenti).

Nello stesso modo, l’Europa non si può permettere di andare a stimolare acquisti di euro, che renderebbero l’1.25% annuo mentre altre valute rimangono con tassi vicino allo zero, in un momento dove questa debolezza, seppur vissuta male dal mercato e da tutti i media in quanto sintomatica dei problemi debitori degli Stati membri, risulta essere molto salutare per le aziende esportatrici che sono presenti in gran parte dell’unione monetaria, soprattutto dopo il pacchetto di aiuti varati – che senso avrebbe andare a tentare di ritirare liquidità dal mercato intanto che si è pronti ad inondarlo appositamente?

EurUsd – Grafico orario

Chi si può permettere invece di alzare il costo del denaro è la Nuova Zelanda, che stanotte ha portato il tasso di riferimento a 2.75% dal precedente 2.50% e circa il 70% degli operatori stima che, entro fine luglio, i tassi giungeranno al 3%. Il governatore della RBNZ ha dichiarato che occorrerà valutare i nuovi sviluppi economici-finanziari prima di pensare ad altre mosse, considerando anche il fatto che, il sistema bancario, a causa delle tensioni che si stanno vivendo sul finanziario nonostante la debole ripresa globale, è tornato a costare molto per quanto riguarda l’erogazione del credito.

Buone notizie arrivano dall’Australia, dove la situazione del mercato del lavoro sta nettamente migliorando. Il tasso di disoccupazione è sceso al 5.2% (5.4% atteso), il migliore degli ultimi quattro mesi, e ci sono state creazioni di posti di lavoro per 26.900 unità contro attese di 20.000.

Vediamo ora un po’ di analisi tecnica, cominciando dal padrone del mercato, il cambio eurodollaro.
Proprio per parlare dell’euro abbiamo avuto ieri un’enorme quantità di richieste, il cui tema ricorrente può essere racchiuso nella seguente frase: “ma l’euro ora è pronto per risalire?”.

È una domanda di cui si vorrebbe conoscere la risposta certa aggiungendo però che ci sono alcuni punti tecnici che potrebbero facilitare il nostro lavoro interpretativo. Per esempio se osserviamo un grafico orario possiamo notare come la ripresa sia stata costante e idealmente racchiusa da una trendline inferiore dinamica che congiunge i minimi crescenti dal minimo di 1.1875, visto lunedì.

Per le prossime ore il supporto così fornito transita per 1.1950 e tende a far avvicinare i prezzi all’altro livello chiave, 1.2110. Sino a che i due livelli indicati non saranno oltrepassati la tendenza potrebbe continuare a risultare lentamente rialzista ma quando avremo una nuova direzione dal mercato, molto probabilmente, bisognerà schierarsi a suo favore.

La stessa considerazione, anche se in questo caso vista specularmente, può essere fatta sul cambio UsdJpy, in quanto la trendline è questa volta ribassista e indica un livello di resistenza a 91.50. Il livello oltre il quale potremmo assistere ad una accelerazione ribassista del cambio è dato invece da quel 90.60 più volte utilizzato ultimamente, con buona precisione.

Il cambio EurJpy si allontana dal minimo di periodo, 108, avvicinandosi alla resistenza di giornata prossima a 111 figura. Solamente un ritorno al di sotto di 109 riaprirebbe lo scenario ribassista di lungo periodo esponendo il cambio a nuovi ribassi verso l’obiettivo indicato ad inizio settimana, nei pressi di 105.50.

Anche il cable si porta a distanza di sicurezza dal minimo chiave di 1.4240, mostrando tra ieri pomeriggio e questa mattina un doppio massimo a 1.46, che se rotto sarebbe il trampolino di lancio per raggiungere il massimo del cambio dell’ultimo mese, l’importante resistenza a 1.4760-80.

Non sembra convincere il cambio EurChf la ripresa di forza della menta unica. Siamo ancora, ogni giorno, a dover registrare minimi storici inferiori.
Un grafico orario suggerisce di considerare 1.38 come immediata resistenza, aggiungendo poi 1.3850 e 1.39 figura come successive. Proiezioni ribassiste continuano a far considerare l’area di 1.3550-1.36 figura come il punto di arrivo di questo movimento.

Fallito il nuovo assalto al massimo di 1.1710 il cambio UsdChf ha ripiegato sino a giungere al supporto di 1.1430-1.1450, alla prova in questi momenti. Se definitivamente i prezzi dovessero scivolare oltre non ci attendiamo grandi supporti per almeno altri 200 punti, precisamente sino a 1.1250.

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