Snai chiama. I fondi rispondono

di Andrea Arisi

Chissà che questa per i private equity sia la volta buona. Dopo due anni di proposte e accordi mancati, i fondi sembrano infatti di nuovo pronti a tentare un’operazione su Snai. La società, specializzata nelle attività di gestione di scommesse sportive e non, è oggi più che mai alla ricerca di uno o più investitori che le garantiscano il supporto finanziario necessario per rifinanziare il debito e le linee di credito in scadenza nel marzo dell’anno prossimo e ha dato mandato all’advisor Unicredit per raccogliere le diverse manifestazioni d’interesse. “Considerata la motivazione alla base dell’iniziativa – spiega una fonte finanziaria vicina a Snai – è più probabile che vi sia interesse da parte dei fondi che da parte di società del settore”. “E in ogni caso – conclude la fonte – Snai non ha certo bisogno di supporto strategico, quanto invece finanziario”.
Il gruppo guidato dal presidente Maurizio Ughi ha chiuso il bilancio dello scorso anno con un indebitamento netto pari ad oltre 350 milioni di euro. Il tentativo di emettere un bond all’inizio dell’anno per allungare la durata media del debito non è andato a buon fine, costringendo di fatto il gruppo a cercare soluzioni in altre direzioni. Escluso un aumento di capitale finanziato principalmente dal suo azionista di maggioranza (Snai Servizi), la società è tornata dunque a guardare ai private equity. La fonte finanziaria vicina alla società spiega che il gruppo è aperto ad analizzare vari tipi di proposta da parte di fondi o investitori in genere e non solo le due circolate fino ad ora e cioè un ingresso con una quota di minoranza nella capogruppo (Snai Servizi) o di maggioranza nella quotata (Snai). Al proposito, nel recente passato la cordata formata dai private equity Bridgepoint e Axa aveva formalizzato un’offerta vincolante che, secondo le tesi più accreditate, non prevedeva un’entrata diretta nell’azionariato della società, ma bensì uno scorporo del core business (le attività di gestione e raccolta delle scommesse) e un successivo ingresso dei due private equity in questo ramo d’azienda.
Difficile che questi soggetti ci riprovino dopo il no all’operazione da parte di Snai Servizi lo scorso dicembre e la seguente richiesta di danni da parte di Bridgepoint per 20 milioni di euro, ma la proposta indica che il ventaglio di possibilità per un’operazione su Snai potrebbe dimostrarsi più ampio di quanto ipotizzato fino ad ora. L’elenco dei possibili interessati a Snai non può che essere composto anche da chi in passato era sembrato essere ad un passo dalla conquista della società.
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