I Paesi emergenti? Sono quelli che stanno meglio

Secondo John Greenwood, Chief Economist di Invesco, l’Europa continua ad andare a due velocità. Mentre le economie sviluppate del mondo occidentale lottano per debellare la crisi del debito attraverso il consolidamento fiscale e senza soffocare la fragile ripresa, i Paesi emergenti in rapida crescita iniziano ad adottare politiche monetarie e fiscali più rigide per evitare il surriscaldamento delle economie locali.

Secondo Greenwood l’estensione degli stimoli di politica monetaria per contrastare la necessaria stretta fiscale rende ancora possibile una ripresa auto-sostenuta in occidente, ma la crescita sarà più modesta rispetto alla tipica situazione postbellica per via della diffusa necessità di risanare i bilanci. “Sui mercati finanziari queste condizioni: bassi tassi d’interesse, crescita economica moderata e inflazione contenuta nei paesi sviluppati, dovrebbero consentire alle borse di proseguire al rialzo nel 2010, benché non al ritmo registrato nel periodo marzo-settembre 2009”, scrive il Chief Economist di Invesco.

“I mercati obbligazionari dei paesi sviluppati hanno tratto vantaggio da un tasso di inflazione inferiore alle aspettative e da una domanda di fondi ancora debole da parte di famiglie e imprese, ma sono stati e continueranno a essere messi alla prova dai costanti timori per le dimensioni delle emissioni di titoli di Stato”. Greenwood si aspetta che nei paesi emergenti i titoli azionari collegati alla spesa interna saranno avvantaggiati dalla forte crescita economica e dal rafforzamento delle valute. Negli Stati Uniti la necessità di risanare i bilanci frena i consumi e gli investimenti, facendo rallentare la ripresa a livelli inferiori rispetto al tasso potenziale dopo l’iniziale rimbalzo dell’economia innescato dagli stimoli produttivi e fiscali. Per il 2010 Greenwood si aspetta una crescita del PIL pari al 2,8% negli Stati Uniti.

In Europa le prospettive di ripresa sono offuscate dalla crisi del debito sovrano nelle economie periferiche dell’eurozona. “La natura stessa dei problemi dell’area euro, riconducibili alle diversità fra i Paesi membri dell’unione monetaria, all’impossibilità di ricorrere ad aggiustamenti valutari unilaterali per promuovere una crescita orientata alle esportazioni e alle conseguenti difficoltà nel ripristinare la competitività e risanare le finanze pubbliche dei Paesi periferici, quasi certamente causerà un ritardo della ripresa, prolungando la crisi ancora per svariati mesi”, osserva Greenwood, prevedendo per il 2010 una crescita del PIL reale dell’1,0% nell’area euro.

Nel Regno Unito il miglioramento delle condizioni finanziarie, la crescita delle esportazioni e la temporanea accelerazione del processo di ricostituzione delle scorte stanno alimentando la ripresa, ma d’altro canto l’inflazione in aumento, la costante scarsità di credito e il nuovo programma di consolidamento fiscale del governo probabilmente porranno un freno alla crescita nel 2010. Secondo Greenwood il PIL reale crescerà dell’1,0% nel 2010, ma guadagnerà slancio nel 2011 parallelamente all’aumento dei consumi delle famiglie e degli investimenti delle aziende.Alla luce degli sforzi compiuti dal governo cinese per raffreddare il mercato immobiliare e ridurre l’impatto dei piani di stimolo adottati nel 2008-2009, secondo le attese per quest’anno la crescita del PIL in Cina dovrebbe raggiungere l’11,2%, per poi rallentare al 10,4% nel 2011.

In linea generale il Chief Economist di Invesco si aspetta che la domanda interna delle economie emergenti rappresenti l’area più vivace della crescita globale: sebbene in tali paesi anche le esportazioni siano in fase di ripresa, la crescita complessiva del Pil è limitata dalla ripresa sottotono delle economie sviluppate occidentali. “L’inasprimento delle politiche dei paesi emergenti”, conclude, “terrà a bada le pressioni inflazionistiche, ma nel complesso l’espansione del ciclo economico globale non dovrebbe subire battute d’arresto”.

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