Fed, altri aiuti all’economia

È giornata di decisioni importanti alla Fed. Oggi la commissioni di controllo americana deve decidere se e come dare sostegno a un economia in difficoltà. Quella americana. La soluzioni esisterebbe già: reinvestire in obbligazioni i miliardi di dollari che si apprestano ad affluire nelle sue casse dalla gran quantità di bond legati ai mutui rilevata nei giorni più duri della crisi e ora in scadenza. La scelta, che verrà attuata dal capo della Fed, Ben Bernanke, arriva dopo l’ipotesi i di ridimensionamento del portafoglio della Fed, che negli ultimi tre anni è triplicato a 2300 miliardi, eliminando la paura di una istituzione esposta a ancora a diversi rischi. Secondo la proposta di Bernanke, potrebbero essere reinvestiti fino a 200 miliardi entro il 2011. Una cifra sufficiente, qualora iniettata sui mercati in Treasuries o obbligazioni immobiliari, a dare un chiaro segnale dell’impegno delle autorità monetarie a mantenere politiche accomodanti, a favore della crescita. 

In realtà i timori di una reale crescita dell’economia americana ci sono, eccome. Prima di tutto la spesa al consumo e il reddito personale sono rimasti stagnanti a giugno . I contratti preliminari di vendita di case sono crolalti del 2,6% e anche l’attività manifatturiera ha ceduto qualcosa: gli ordini alle fabbriche nello stesso mese sono calati dell’1,2 per cento. C’è poi da considerare il tasso di disocuppazione Usa che a luglio, secondo gli esperti, dovrebbe crescere da 9,5 a 9,6%.

La prossima settimana il vertice Fed potrà vagliare molteplici opzioni, tra cui un comunicato che ponga l’accento sui pericoli per la crescita. Il piano sui bond, se decollerà, avrebbe però i contorni di un compromesso accettabile a entrambi gli schieramenti: non gonfierebbe comunque il bilancio Fed. Anzi, se i nuovi acquisti fossero concentrati in titoli del Tesoro verrebbe incontro a una delle loro richieste, ricreare un portafoglio della Banca centrale ricco di Treasuries e non di titoli tossici.

La voglia di compromesso filtra dalle dichiarazioni di esponenti dei due campi. James Bullard, della sede di St. Louis, ha lanciato allarmi sulla deflazione e incitato ad ampliare il portafoglio Fed, ma ha poi ammorbidito i toni. Charles Plosser, della sede di Philadelphia e tra i meno propensi a nuovi aiuti all’economia, si è intanto detto disponibile a reinvestire in Treasuries. E il collega di Dallas, Richard Fisher, ha promosso l’idea d’un bilancio stabile della Banca centrale.
 

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