Piazza Affari: dopo gli arabi, i cinesi?

Dopo gli arabi i cinesi? La crescita dei paesi emergenti si vede anche da queste cose: l’entrata, massiccia, dei grandi investitori stranieri a Piazza Affari. E’ di pochi giorni fa la notizia che la Libyan Investment Authority – in pratica il braccio finanziario dello Stato guidato da Muammar Gheddafi – detiene il 2,075% del capitale di Unicredit.

Oggi il Sole 24ore rivela che a mettere gli occhi sulla Roma, ma soprattutto sulla Italpetroli, ci sarebbe un fondo cinese. Top secret l’identità del possibile acquirente: il quotidiano di Confindustria precisa che il top management di Unicredit – la banca che ha in pugno il futuro della squadra giallorosa – è stato contattato dall’ambasciatore cinese a Roma per sondare il terreno su di una possibile offerta da parte di un “magnate cinese” molto vicino al governo di Pechino. Le trattative, per la verità, si sarebbero fermate: i cinesi punterebbero, più che alla squadra, agli asset petroliferi.

E se gli investitori cinesi muovono timidamente i primi passi sul listino milanese, quelli provenienti dai paesi arabi possono considerarsi degli “habitués”. I gusti, per la verità, per il momento sono ben concentrati su Piazza Cordusio: la Libyan Investment Authority è in realtà il terzo socio arabo ad essere entrato nel gruppo, dopo la Central Bank of Libya (al 4,98%) e il fondo di investimento Aabar (al 4,99%), controllato quest’ultimo dall’International Petroleum Investment Company, a sua volta posseduto dal Governo di Abu Dhabi. L’operazione di pochi giorni fa rende lo stato libico il primo socio di Unicredit con il 7,05%. Sempre il fondo Aabar è presente nel capitale di Atlantia con una quota del 3,3%. La quota fu comprata a Unicredit alla fine del 2008.

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