Biasi, lo spettro della bancarotta, Unicredit trema

E’ di qualche minuto fa l’agenzia secondo la quale la procura della Repubblica di Teramo avrebbe notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a Paolo Biasi, presidente della Fondazione Cariverona (principale azionista italiano di Unicredit) ed ex presidente del Consiglio di amministrazione della Bluterma, l’azienda di Colonnella (Teramo) specializzata nella produzione di radiatori, dichiarata fallita nel maggio 2008. A Biasi, iscritto nel registro degli indagati nel maggio 2009, viene contestato il reato di bancarotta preferenziale.

Il sostituto procuratore Bruno Auriemma, titolare dell’inchiesta, ipotizza, come ripreso dal Corriere della Sera, che Biasi, gestendo la tesoreria attraverso il cosiddetto “cash pooling, abbia utilizzato fondi dell’azienda già in procedura concorsuale per effettuare investimenti in altra industria del gruppo di cui lui stesso era amministratore.

Come tutti sanno, oggi il comitato di governance Unicredit sta cercando chiarezza sugli effetti che potrebbero prodursi nella governance della banca dai cambiamenti nell’azionariato dovuti all’ingresso nel capitale dell’istituto di piazza Cordusio del fondo sovrano libico Lia, con una partecipazione superiore al 2%. Una notizia, quella di Biasi, che non potrà non lasciare strascichi, sebbene i mercati siano ormai chiusi.

Il nostro settimanale Soldi aveva già trattato il gruppo industriale Biasi Spa, con il seguente editoriale (Soldi n 31, uscita del 5 agosto 2010) a cura del direttore Andrea Giacobino:

Una liquidazione volontaria varata a fine giugno e affidata ad Eugenio Caponi per ripartire, dopo una severa cura dimagrante (con vendita di molti asset, immobiliari e non), con una NewCo focalizzata sul core business affidata al nuovo amministratore delegato Aldo Gava. È il destino che si sta consumando in questi giorni di Biasi Spa, gruppo industriale attivo nella produzione e commercializzazione di caldaie, controllato dall’omonima famiglia veronese che fa capo a Paolo Biasi, presidente della Fondazione CariVerona, azionista pesante di UniCredit col 4,98%. Un destino amaro per un gruppo che, schiacciato da debiti saliti nel 2009 a 58,9 milioni dai 26,78 del 2008 ha dovuto registrare un crollo del fatturato da 20,16 a 11,85 milioni e una serie di svalutazioni che, facendo segnare una perdita di 25,12 milioni, hanno bruciato il patrimonio.
Tuttavia lo “schiaffo” più sonoro alla Biasi spa è arrivato da Pier Valter Azzoni, socio di Deloitte & Touche che non solo non ha certificato il bilancio del gruppo, ma ha anche sollevato alcune pesanti critiche al rendiconto. In particolare il revisore ha puntato il dito alla voce dei debiti verso banche ove, classificati tra le passività non correnti, figurano 15,42 milioni riferiti alle quote di un fido quindicennale erogato da UniCredit e acceso dal 206. Il contratto prevedeva il rispetto di alcuni “covenant” che sono stati disattesi dalla società nel biennio 2008-2009 così che la banca ha la facoltà di richiedere il rimborso anticipato del finanziamento e quindi secondo Deloitte & Touche, tale voce andava inclusa tra le passività correnti in conformità agli standard contabili Ias 1. Ma il certificatore non ha dato il via libera al bilancio anche perché “non è possibile prevedere la disponibilità delle banche ad accettare la proposta di ristrutturazione del debito”, né la capacità del gruppo “di perseguire gli obiettivi economici e finanziari previsti al Piano 2010-2014 (disegnato da Kpmg Advisory, ndr)”. “Inoltre – conclude Azzoni – il venir meno del postulato della continuità aziendale determina l’esistenza di obiettive incertezze in relazione alla realizzazione dell’attivo, all’insorgenza di eventuali oneri di liquidazione e di altre passività”.
Il liquidatore della “vecchia” Biasi, Caponi, è vicepresidente vicario di quella Fondazione scaligera di cui il 72enne ingegner Biasi è presidente, forte di un mandato che è giunto però a scadenza nei giorni scorsi. “La Sfinge”, com’è soprannominato il banchiere-imprenditore, dovrebbe comunque essere riconfermato – pur dopo 17 anni di guida ininterrotta alla Fondazione – a meno di clamorose sorprese e in barba anche alla grave crisi del suo gruppo industriale.

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