Nfp: cambierà il trend del dollaro?

Il mercato aveva attese che si attestavano intorno a +60k unità, contro un precedente -95k. Ebbene, la creazione di nuovi posti di lavoro ha toccato un picco di +151k nuove buste paga ed il dato precedente è stato rivisto a rialzo di 54k unità, passando a -41k. Tutto questo è sufficiente per fare cambiare il trend negativo del dollaro? Facciamo un po’ d’ordine.

Gli ultimi dati americani, provenienti dal settore manifatturiero e dei servizi non sono stati poi malaccio e a questo dobbiamo aggiungere delle spese per costruzioni in aumento. Tutto questo però, non è ancora abbastanza per far sì che tutto cambi, non per il momento. La Fed, come tutti sappiamo, ha varato un nuovo piano di QE soltanto mercoledì scorso, e noi crediamo che Bernanke non sia del tutto sprovveduto da aver messo in tavola una carta tanto alta, nel momento in cui avesse avuto anche solo il minimo dubbio che l’economia potesse riprendersi.

Il dato è buono, soprattutto perché potrebbe ridare un po’ di fiducia al sistema, ma una sola rilevazione non può costituire un trend. La rivisitazione del dato precedente dà forza alla release di venerdì, ma stiamo attenti, non è ancora arrivato il momento di gioire e di andare long pesanti di dollari. Se a questo aggiungiamo le sempre più forti preoccupazioni provenienti dall’Europa, relativamente a Grecia (che va verso le elezioni), a Irlanda (che, giusto per dare un’idea, rispetto a titoli similar-maturity tedeschi, ha raggiunto un differenziale sui titoli di stato a dieci anni di 520bp, dai 230 di agosto – gli investitori, chiaramente, chiedono uno yield maggiore dovuto al rischio Paese) ed ora anche al nostro Bel Paese, che sta vivendo, checcè se ne dica, una crisi di governo, ecco spiegato il movimento dell’EurUsd delle ultime ore.

UsdJpy – grafico orario

Pensiamo che, valutando attentamente i piatti della bilancia tra Usa ed Europa, sia ancora quello americano il più pesante, con quei 600 miliardi freschi freschi che la Fed utilizzerà per rastrellare titoli tossici dal mercato e dare liquidità alla banche e per tramite di esse, al sistema economico. L’unica cosa che potrà far cambiare il trend del dollaro è da ricercare nei dati macro che, se dovessero riuscire a far percepire un certo grado di fiducia, potrebbero dare una bella spinta al greenback, ma ripetiamo, non crediamo sia ora il momento giusto.

Una piccola parentesi la merita anche il Giappone, che questa settimana comincerà gli acquisti di asset e che si trova, almeno per il momento, lontano dai livelli che potrebbero far presagire un intervento da parte della Boj per frenare la forza dello yen.
Passiamo ora all’analisi tecnica. La pesante correzione dell’eurodollaro iniziata venerdì, dopo una correzione esattamente in coincidenza del supporto dinamico, è ripresa alla riapertura dei mercati ieri in serata.

Stiamo parlando di una discesa da 1.4280 a 1.3925 in poco più di una giornata, che solamente la prossime ore potrebbero farci archiviare come temporanea. Se dovessimo osservare i livelli di ritracciamento di Fibonacci scopriremmo che, considerando l’ultima estensione da 1.3735 a 1.4280, il 61.8% seppur di poco sia stato oltrepassato a 1.3945: l’unica considerazione che giunge spontanea è che il livello sia stato solamente scavalcato per pochi punti e che i prezzi vi siano tornati al di sopra poco dopo.

Consideriamo quindi ancora questo come livello di supporto nel breve oltre all’altro livello statico di 1.3870, dato da un’area di congestione vista a cavallo della fine del mese scorso. Dal punto di vista tecnico crediamo che un primo ritorno al di sopra della zona di supporto a 1.4025, possa fornire il segnale necessario che attendiamo per intraprendere nuovamente una risalita.

Ancora una volta vediamo come la ripresa del dollaro nei confronti della moneta unica abbia avuto solo un impatto marginale sul cambio UsdJpy che continua a rimanere nel proprio percorso laterale ai confini del supporto più importante degli ultimi 15 anni. L’unico spunto interessante fa si che l’area compresa fra 81.25 e 82 figura abbia trovato un nuovo livello di resistenza intermedio inferiore a 81.50, dove sono giunti tre picchi di volatilità interessanti. Con movimenti laterali come questi siamo portati ad ipotizzare che strategie di breakout in ambedue le direzioni possano essere le più soddisfacenti.

Il calo dell’euroyen, sovrapponibile a quello dell’eurodollaro, ha raggiunto un livello a 113 suggerito anche in questo caso dalla teoria dei ritracciamenti di Fibonacci. I livelli più importanti nell’immediato sono appunto questo supporto e la resistenza a 113.90, che ricorderete come importante nei giorni scorsi.

Anche la discesa del cable ha subito un’accelerazione alla rottura della trendline di supporto in area 1.6180. In questo caso il movimento di inferiore entità ha permesso ai prezzi di tenersi a distanza del più importante livello di supporto di 1.6080, a cui troviamo una coincidenza di spunti tecnici: è stata infatti un’area di congestione durante la salita a cavallo fra ottobre e novembre a cui si aggiunge poi perfettamente la prima percentuale di ritracciamento di Fibonacci.

Seguendo la trendline ribassista tracciabile sul grafico giornaliero di GbpJpy degli ultimi quattro mesi troviamo esattamente il massimo di venerdì a 132 figura, da cui è partito un movimento in calo di una figura esatta. Per valutare un nuovo tentativo di rottura di questo importante livello, in grado di portare ad un apprezzamento ulteriore del cambio, dobbiamo considerare il supporto di 130.45.

La risalita del cambio UsdChf ha sbattuto esattamente contro al livello più importante di 0.9660. Oltre questo livello abbiamo una visione positiva, di breve per il cambio, sino all’altra area di resistenza a 0.9760.
Il calo di venerdì del cambio EurChf ha rotto il movimento di lungo periodo che stava insistendo dall’inizio di settembre.

Attenzione nel breve al doppio minimo segnato a 1.3440 per valutare una ripresa.
Concludiamo con il cambio AudUsd, che rimane stabile al di sopra di 1.01. E’ chiaro nell’immediato il livello che potrebbe favorire una discesa: è infatti il livello di supporto statico dato dai minimi toccati dal cambio negli ultimi tre giorni, 1.0080.
 
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