Il giro d’Italia delle reti – la Toscana sente ancora la crisi

Regione operosa, da sempre specializzata in produzioni artigianali, enogastronomiche e in ambito turistico, la Toscana ha patito non poco la crisi del biennio 2008-2009 e sembra faticare ancora a riprendersi, tanto che il Pil nel 2010 ha segnato un +1,3% non dissimile dal dato medio italiano, dopo aver ceduto oltre 5 punti percentuali (dato cumulato del biennio preced e n t e ) . Secondo quanto scrive la Banca d’Italia presentando le statistiche dell’economia della regione riferite allo scorso anno, il settore manifatturiero ha sperimentato una ripresa dei livelli di produzione e delle vendite “che ha interessato in prevalenza le imprese più orientate all’export e quelle di maggiori dimensioni”, ma il recupero “soltanto parziale” del grado di utilizzo degli impianti e “le incerte prospettive della domanda” hanno finito col portare ad un’ulteriore riduzione degli investimenti.

Anche sotto il profilo dell’export l’andamento della regione lo scorso anno non si è discostato significativamente da quello più generale dell’Italia, rimanendo, nei due principali comparti (il sistema della moda e quello della meccanica) su livelli di circa un decimo inferiori a quelli precedenti la crisi e se è vero che rispetto alla dinamica del commercio mondiale le esportazioni regionali nel biennio 2008- 09 sono riuscite a contenere il calo, anche la ripresa in atto appare più contenuta. Tuttavia secondo Via Nazionale la recessione “ha stimolato l’attività innovativa di una parte del sistema produttivo, specialmente delle imprese a maggiore apertura verso l’estero”; non abbastanza comunque per chiudere il “gap” accumulato rispetto alla media nazionale a livello di spesa complessiva privata in ricerca e sviluppo (in rapporto al prodotto), mentre la componente pubblica appare allineata ai valori medi dei paesi Ocse e superiore a quella italiana.

La Toscana – scrive Bankitalia – resta contraddistinta dalla diffusa presenza di aree distrettuali, specializzate in settori del “made in Italy” e composte in larga misura da aziende di piccole dimensioni, contraddistinti nell’ultimo decennio da risultati economici “in media peggiori sia rispetto al dato nazionale dei settori di specializzazione sia rispetto alle imprese toscane non distrettuali”. La crisi dei distretti ha portato anche ad una riduzione in termini di occupati, fatturato ed esportazioni, tanto che il peso dell’industria sul prodotto regionale è calato più intensamente che nella media italiana. Solo nei servizi, che avevano risentito in misura più contenuta della crisi, si è assistito a un parziale recupero: nonostante un’ulteriore riduzione delle vendite al dettaglio, vi è stata una crescita “piuttosto sostenuta” nei trasporti e nel turismo internazionale. Ma, avverte la Banca d’Italia, “analisi di medio termine mostrano come la posizione competitiva del comparto turistico si sia deteriorata” e come la Toscana sia stata “solo parzialmente capace di cogliere la forte crescita mondiale del numero dei viaggiatori, ancor meno di quanto lo sia stato il complesso del paese”. Gli effetti più marcati della crisi si sono avvertiti nel settore industriale, tra i lavoratori a tempo indeterminato e tra i giovani.

Quanto alla dinamica dei finanziamenti, nel 2010 essa è rimasta moderata, dopo un “significativo rallentamento del credito per effetto della crisi”, con i prestiti che hanno poi registrato una lieve accelerazione nei primi mesi del 2011. Rispetto a prima della crisi anche in Toscana le banche hanno prestato una maggiore attenzione alla rischiosità della clientela nello stabilire la quantità del credito concesso, il tasso di interesse e le garanzie richieste. Il premio per il rischio, dopo l’aumento registrato a inizio crisi, “non è in media significativamente variato”. La domanda di prestiti da parte delle imprese “è stata prevalentemente finalizzata alla ristrutturazione del debito e, seppure in misura più contenuta, al finanziamento del capitale circolante”, mentre quella delle famiglie ha riguardato in larga parte mutui, anche al fine di sostituire finanziamenti preesistenti.

Nel complesso l’offerta di credito è risultata meno restrittiva rispetto al 2009 e si è ridotto il differenziale tra la crescita dei prestiti concessi dai primi cinque gruppi bancari nazionali e quella (più sostenuta) degli altri intermediari. Per quanto riguarda le imprese è tuttavia proseguito il peggioramento della qualità dei crediti bancari, mentre appare ancora in corso “un diffuso processo di ristrutturazione del debito”, mentre nel caso delle famiglie la qualità del credito appare invariata, anche per effetto “degli interventi di sostegno adottati dalle banche e di ristrutturazioni e consolidamenti del debito”. Un ridotto grado di capitalizzazione, conclude Banca d’Italia, rende tuttora le imprese toscane “fragili, in particolare nelle fasi di congiuntura avversa”.

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