Qual è la differenza tra recessione e depressione?

No panico – E’ molto improbabile che le recessioni in corso in quasi tutti i paesi avanzati – dagli Usa all’Europa al Giappone – si trasformino in una depressione economica paragonabile a quella degli anni ’30 del secolo scorso.

che una depressione è un malanno parecchio più grave di una recessione si sa ma quanto di più? dove sta la differenza? Un utile articolo del The Economist ci viene in soccorso, permettendoci di districare questa matassa.

Che una recessione sia in genere intesa come una fase di contrazione del PIL della durata di almeno due trimestri consecutivi è probabilmente noto a molti. Si tratta della definizione “volgare” del termine, utilizzata in genere dai mass media.

Molti economisti, però, ne diffidano. Il National Bureau of Economic Research, l’organismo che in America stabilisce le date dei cicli economici, preferisce ad esempio tenere conto di più indicatori economici anziché esclusivamente del PIL e guardare non solo alla durata ma anche all’estensione, in svariati settori, della diminuzione dell’attività.

La sua definizione preferita è ben riassunta nel comunicato con cui il NBER ha annunciato che una recessione era iniziata negli Usa nel dicembre del 2007, e recita così: “Una recessione è un calo significativo dell’attività economica, diffuso attraverso l’economia, di durata superiore ad alcuni mesi, normalmente visibile nell’andamento della produzione, dell’occupazione, dei redditi reali e in altri indicatori.”

Quando la recessione diventa depressione – Tanto nella versione semplificata dei media che in quella più evoluta del NBER, cosa sia una recessione dovrebbe a questo punto essere chiaro. Quand’è invece che si comincia a parlare di depressione?

L’Economist arriva a definire una depressione come una riduzione dell’attività economica pari almeno al 10% del PIL e di durata non inferiore a tre anni. Quella degli anni 1929-1933, in America, fu senza dubbio una Grande Depressione, dato che durò ben 43 mesi con un crollo del PIL del 30% circa.

Nonostante gli enormi progressi, che hanno indubbiamente contribuito a rendere meno instabile il ciclo economico, le depressioni non sono scomparse. Nei 25 principali paesi emergenti, monitorati dall’Economist, ci sono stati negli ultimi 30 anni almeno 13 casi di contrazione del PIL superiore al 10%. Ne sono stati vittima, tra gli altri, Arabia Saudita, Argentina, Cile, Venezuela, Ungheria, Polonia, Tailandia, Indonesia e Malesia. Ma la crisi più scioccante ha colpito la Russia, il cui PIL declinò del 45% tra il 1990 e il 1998.

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