Una foglia di fico sbattuta dai venti mondiali

La sensazione che lentamente ma inesorabilmente si va diffondendo è che il ventunesimo secolo sovvertirà molte delle tesi fondamentali su cui si regge oggi la vita economica. Il ventesimo secolo ha visto la fine dell’egemonia europea sulla politica e l’economia globali; il ventunesimo sancirà la fine di quella americana. Nuove potenze, fra le quali Cina, India e Brasile, continueranno a crescere, acquisendo un peso sempre maggiore sulla scena mondiale. Ma il cambiamento sarà ben più radicale di un semplice riassetto degli equilibri economici e politici fra le diverse aree del mondo.

La questione centrale sarà la sfida dello sviluppo sostenibile: la protezione dell’ambiente, la stabilizzazione della popolazione mondiale, la riduzione del divario fra ricchi e poveri e la fine della povertà estrema. Non sono più accettabili situazioni come quelle che stanno accadendo in Somalia, Etiopia e in tutto il Corno d’Africa, in cui la vita delle persone è aggrappata all’elemosina e non ad un senso di solidarietà collettivo. La cooperazione globale dovrà acquisire la massima priorità: il concetto stesso di singoli stati nazionali in competizione per la conquista di mercati, potere e risorse naturali diventerà, con il tempo, superato perché dovrà essere inglobato in un livello superiore di condivisione degli interessi.

In un quadro così futuribile e leggendario, in angolo, si intravede la nostra Italietta. Il paese è stremato e stanno venendo meno anche gli ultimi appigli per restare a galla nel panorama della credibilità europea: il ministro dell’economia Giulio Tremonti non ha più la forza mediatica e il credito personale per reggere la scena e quindi mettere una foglia di fico appena sufficiente, finora, a coprire le indecenze della classe politica italiana. Colpa del solito scandalo di casa nostra: uno dei collaboratori più stretti del ministro dell’economia si prendeva licenze imprendibili.

Ora è sotto accusa della magistratura e Tremonti, pur non essendo toccato dall’inchiesta, è nella classica posizione di chi “non poteva non sapere” visti i rapporti tra i due. Insomma un’anatra zoppa con Mario Monti, rettore della Bocconi, che gli ruba la scena sull’invenzione più cara a Tremonti: gli eurobond. E inoltre parla di crescita e sviluppo mentre Tremonti è fermo a una finanziaria di prelievi fiscali, di pochissimi tagli, e di minimo sviluppo. Alla fine, se e quando cadrà Berlusconi, Monti, con molta probabilità, ruberà a Tremonti anche la poltrona di prossimo primo ministro. Nel frattempo, però, chissà dove sarà l’Italia.

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