Cronaca di un disastro annunciato

Non si sbaglia a paragonare l’Italia a molti altri paesi davanti alla crisi. Si sbaglia, invece, a far finta che i “fondamentali” siano tranquillizzanti per i mercati, come si è sforzato di dire, per rassicurare gli investitori, il Presidente Berlusconi, nella sterile comunicazione al Parlamento del 3 Agosto. Il Paese è più di 10 anni che non riesce a schiodarsi da un trend di crescita modesto, intorno, mediamente all’1%, mentre il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo aumenta, raggiungendo, quest’anno, la percentuale del 119%.
 Un rapporto insostenibile per il solo onere del servizio interessi, più di 70 milioni di euro annui, peraltro desinati ad aumentare, e non di poco, visto l’incremento dei tassi di interesse. Negli ultimi 3 anni, secondo l’ottavo rapporto sull’industria della Cisl, si sono persi 508 mila posti di lavoro. Il livello della produzione industriale è inferiore del 19% a quello dell’estate 2007; 206 mila lavoratori sono in Cassa integrazione, di cui 174 mila, con prospettive occupazionali incerte. È questa situazione che dobbiamo rimuovere per riconquistare la fiducia dei mercati. Èsulle azioni da attivare per suscitare uno “scatto propulsivo” all’economia che, al contrario, il Governo fa acqua.
Non è casuale che Marchionne affermi che serve una leadership forte, come non è casuale che, per la prima volta nella storia della Repubblica, la Confindustria, insieme alle altre Associazioni Imprenditoriali, all’Associazione Bancaria Italiana e alle Organizzazioni dei Lavoratori, rivolga un pressante appello al Governo, ma anche all’opposizione, per l’adozione di provvedimenti immediati che pongano la crescita al centro della politica economica. Indubbiamente, il Cavaliere, un grande risultato l’ha ottenuto. È riuscito realizzare un “capolavoro”, far parlare la Presidente di Confindustria, anche a nome della CGIL.
D’altra parte, perlomeno fino ad oggi, non possiamo contare su alcun apporto dalla crescita dell’economia. Infatti, le stesse proiezioni rilasciate dall’Istat, non più tardi di venerdì 5 agosto, non fanno ben sperare perché, contrariamente alle previsioni di inizio anno, l’aumento del prodotto si attesterà ad un valore inferiore, dell’0,8%, in luogo dell’1,2%. Così l’Italia è stato, di fatto, posta sotto l’amministrazione sorvegliata dei “Grandi”. Non poteva essere che così, dal momento che il debito pubblico italiano (1.900 miliardi di euro), rappresenta il 22,2% del debito pubblico totale (8.500 miliardi di euro) degli Stati facenti parte dell’UE. La vita dell’euro, si voglia o no, è condizionata dalle sorti dell’economia italiana.

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