Nuovi stimoli dalla Fed: non se, ma quando

Non è più una questione di “se”, ma di “quando”. Questo in sostanza il messaggio percepito dal mercato per quanto riguarda la possibilità che la Federal Reserve metta in atto un nuovo piano di stimoli monetari a sostegno dell’economia americana. Tre i punti che ci fanno chiaramente pensare che questi aiuti arriveranno: la comunicazione lo scorso 9 agosto della decisione di mantenere i tassi tra 0% e 0,25% fino alla metà del 2013 (prima volta in cui il Fomc non si è trovato d’accordo all’unanimità dalla crisi del 2008), il fatto che Bernanke, durante il meeting di Jackson Hole abbia comunicato al mercato che si è deciso di estendere la durata del prossimo meeting del 20 settembre da 1 giorno a 2 giorni e le minute della Fed, rilasciate ieri. Da queste si evince che la crescita economica è ancora in difficoltà ma che per ora non sono visti rischi di una nuova recessione e che i membri del Fomc stanno considerando l’idea di attuare delle politiche monetarie a sostegno della ripresa, che potrebbero risultare molto importanti ai fini dell’obiettivo finale.

Due dunque le ammissioni implicite del committee  di fronte al mercato; quelle di aver in qualche modo sbagliato tempistiche ed ammontare dell’intervento etichettato come Qe2, il quale si sta dimostrando insufficiente al fine di ottenere gli effetti sperati. I dati sulla disoccupazione mostrano dei livelli leggermente inferiori rispetto a quelli che erano presenti a novembre 2010, data di inizio del nuovo quantitative easing, ma si mantengono stabilmente sopra il 9%, la situazione del mercato del lavoro, stando a quanto dichiarato dal presidente della Fed di Chicago, sono in linea con delle condizioni di recessione economica e ieri è arrivata un’ulteriore conferma di quanto stia diventando (o meglio già sia) delicata la situazione dalla pubblicazione del dato sulla fiducia dei consumatori a stelle e strisce che, come temevamo, è uscita non soltanto inferiore alle aspettative, ma anche inferiore a quel tanto guardato 50, linea di demarcazione tra fiducia nella ripresa e prospettive di recessione.

Il mercato però non ha mostrato particolari reazioni sul fronte dollaro americano, che non è stato venduto pesantemente su tutti i fronti, ma ci ha mostrato soltanto un piccolo rally sul petrolio, indice che il nervosismo è ancora presente, anche se le borse Usa ed asiatiche non hanno risentito di quanto comunicatoci ieri dalla macroeconomia. Questo perché le aspettative sia di analisti che di operatori sulle prossime mosse della Fed e sulla possibilità che il dato sulla fiducia (peggior calo dalla crisi del 2008) potesse essere inferiore rispetto alle stime che i diversi analisti ci avevano restituito, proprio in virtù delle mutate condizioni registrate negli ultimi giorni, della congiuntura, si attendevano risposte di questo tipo. Vedremo giorno per giorno cosa succederà, continuiamo ad affidarci all’analisi dei livelli tecnici, che mai come in questi casi, privi di visioni di medio periodo sull’andamento dei prezzi, ci aiutano nell’operatività che, per forza di cose, dev’essere traslata su orizzonti temporali minori nel momento in cui l’avversione al rischio dell’investitore non dovesse permettere dei posizionamenti di medio che, come detto, risultano essere molto difficili da individuare.
 
Cominciamo dunque dall’EurUsd che ieri, dopo aver spazzato via il supporto a 1,4460 ha raggiunto e superato il livello di 1,4400, per poi tornare a testare perfettamente quello che dopo essere stato rotto è diventato un perfetto livello di resistenza. Dal punto di vista operativo, proprio 1,4400 e 1,4460 risultano i livelli di maggiore interesse, da sfruttare per eventuali rotture che potrebbero però non avvenire nella mattinata di oggi in quanto il mercato ci sembra voler digerire tutte le nuove news, in attesa che cominci un nuovo mese calendario ed in attesa dei dati sull’ADP che verranno rilasciati questo pomeriggio in Usa. Ricordiamo infatti che venerdì ci sarà la pubblicazione dei NFP e se dovessero uscire dei dati inferiori a 75k unità, le decisioni della Fed potrebbero assumere il carattere di non più rimandabili, cosa che rende il mercato nervoso ed attendista nei confronti della giornata di venerdì.
 
Per quanto concerne il UsdJpy, abbiamo ulteriori conferme di come il livello di supporto da considerare sia sempre lo stesso. Parliamo di 76,40 che potrebbe fare da tappo per poi rivedere 76,75. Attenzione ad eventuali rotture di questo livello, che aprirebbero le strade ad un ulteriore affondo fino ad oltre il 76 figura. L’EurJpy ha rotto il supporto indicato a 111,00, ed è riuscito a compiere un’accelerazione di una cinquantina di punti. Ora ci troviamo in fase laterale tra 110,40 e 111,00 e per quanto riguarda il supporto, dobbiamo considerare la potenzialità di assistere ad una sua rottura (da sfruttare sullo stretto) per vedere un0accelerazione fino a 110 figura. Sul GbpUsd si mantiene valido il punto di resistenza passante per 1,6340. Esso diventa ora lo spartiacque tra un rialzo ed una continuazione del ribasso della sterlina, che vede in 1,6250 il suo più importante livello di supporto. Esso ci è restituito dalla presenza di due minimi precedenti individuabili su un grafico orario e dal passaggio della linea di supporto, inclinata positivamente, tracciabile sempre su un orario a partire dal minimo di 1.6206.
 
Per quanto concerne l’EurChf ci stiamo mantenendo perfettamente all’interno del range compreso tra 1,1730 e 1,1900 e sembra che si possa continuare su questa strada. Possibilità dunque di sfruttare gli oscillatori per fare trading in laterale, con un occhio sempre rivolto a potenziali rotture di questi due livelli. Il UsdChf sta mostrando le stesse price action del cugino europeo, ma in questo caso il range da seguire passa per 81,20/82,20.
Per quanto concerne l’AudUsd, il livello di supporto di 1,0600 non è nemmeno stato messo in discussione ieri, con i prezzi che hanno toccato minimi intorno a 1,0620. Ci troviamo ora nei pressi di 1,0700 e 1,0650 sembra essere il nuovo livello da considerare per vedere continuare la salita del dollaro australiano. Questo livello è confermato dalla presenza degli ultimi minimi di prezzo e dal passaggio della trendline ascendente, tracciata a partire dallo scorso 26 agosto. Il UsdCad si è riportato al test della EMA 100 su un grafico orario per poi ritracciare fino a 0,97 ¾. Questo e 0,9825 i punti da considerare per eventuali entrate in stop che non dovrebbero comunque permettere di prendere profitti superiori ai 50 punti di mercato.

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