L’amministrato si perde nei titoli

Come sta Fideuram? Quali sono, se ci sono, i primi risultati dell’acquisizione di Banca Sara? Sicuramente, al di là dei più o meno ripetitivi trionfalistici proclami societari di turno quando si assiste a un’operazione di m&a sul mercato, il gruppo Banca Fideuram possiede attualmente la più estesa rete di promotori finanziari presente in Italia: se infatti andiamo a sommare (dati Assoreti luglio 2011) i 3.195 pf di Fideuram, i 1.195 di SanPaolo Invest e i circa 350 pf provenienti da Banca Sara ci troviamo di fronte al più ampio organico di consulenti del mercato. Uno base “operativa” che permette al gruppo Fideuram di ribadire il primato anche in ambito patrimoniale: i private banker guidati dall’amministratore delegato Matteo Colafrancesco gestiscono complessivamente masse (dati Assoreti giugno 2011, considerando le varie reti appartenenti al Gruppo) per oltre 70 miliardi di euro.

Che ci si trovi di fronte a un colosso della distribuzione nostrana è cosa quindi accertata, tuttavia il profilo del sistema presenta attualmente specifici punti di forza e alcune lacune come la natura delle cose vuole. Dato che l’elemento chiave nel determinare o meno il successo di una rete distribuzione è dato dalla raccolta, è proprio da qui che vogliamo iniziare il nostro check-up, questa volta soffermandoci sull’ammiraglia del gruppo, ovvero proprio Banca Fideuram. Gli ultimi dati di luglio vedono circa 82 milioni di euro di afflussi, il terzo risultato del mese dopo Mediolanum (454 milioni) e Allianz Bank (217 milioni); se però ampliamo il nostro orizzonte di analisi all’intero 2011 (fino a luglio per l’appunto) si riuscirà a capire meglio il focus di raccolta societario. A livello globale la terza posizione rimane immutata (762 milioni di euro) ma è interessante osservare la suddivisione degli afflussi: ben 633 milioni provengono dal risparmio gestito, un dato che garantisce alla società il primo posto nella classifica di raccolta relativa, con addirittura 1,4 miliardi di raccolta provenienti dalla sottocategoria dei fondi e sicav.

nsomma i fondi Fideuram vanno molto forte, specie se pensiamo che il secondo posto di categoria, Mediolanum, risulta staccata di oltre 400 milioni di euro (per lei “solo” 1 miliardo di euro). Lo stesso non si può dire invece dell’amministrato. Spulciando i medesimi dati di raccolta (da gennaio a luglio 2011) si può notare che il dato è di 128 milioni di euro circa, un risultato inferiore rispetto a quanto ottenuto da due diretti concorrenti come banca Mediolanum (956 milioni). Numeri sicuramente curiosi se si pensa che sono il frutto diretto di due variabili opposte: da un lato il secondo posizionamento per raccolta di liquidità (179 milioni di euro, superata solo da Allianz con 193 milioni), dall’altro i maggiori deflussi assoluti nell’ambito dei titoli. Insomma, se Fideuram sembra ottenere i favori del pubblico nella proposta più tipica dei conti corrente, lo stesso non si può dire per quel che riguarda le soluzioni nell’ambito del trading, un segmento dove da sempre a farla da padrone è la ben nota Fineco.

E’ evidente che la distribuzione degli apporti in ogni società è quasi sempre dettata da precise scelte strategiche, ma è altrettanto innegabile che un conglomerato “globale” come quello del gruppo Fideuram debba imporsi di puntare sempre più a una leadership corale nei diversi segmenti, magari sfruttando le specifiche competenze e forze delle diverse reti; chissà che la spinta nell’ambito trading non possa venire proprio dall’esperienza di Banca Sara, da sempre all’avanguardia nella gestione più “tecnologica” dei portafogli. D’altra parte se andiamo a osservare la dinamica di raccolta dal 2010 al 2011, i numeri sembrano confermare questa ipotesi di volontà di bilanciamento. Tra gennaio e dicembre 2010 (dati Assoreti) Banca Fideuram vedeva oltre 2 miliardi di deflussi nell’amministrato, di cui 1,2 miliardi provenienti dai titoli, mentre il rimanente dalla liquidità, riscatti che coinvolgevano anche l’altra grande rete del gruppo Fideuram, ovvero Sanpaolo invest, con 330 milioni di euro di uscite, di cui 244 nei titoli.

Stando invece ai dati gennaio-luglio 2011, le dinamiche di gruppo risultano essere più bilanciate, grazie al positivo apporto di Sanpaolo Invest nell’amministrato (249 milioni di euro), in particolare grazie al secondo miglior posizionamento nel segmento titoli, con 152 milioni di euro. Passiamo ora all’analisi dei dati bilancio, utili per capire lo stato di salute “strutturale” della società. La recente comunicazione semestrale aveva fatto affermare a Matteo Colafrancesco che “Dal punto punto di vista economico economico e finanziario i risultati risultati ottenuti ottenuti sono più che soddisfacenti. Il significativo incremento dell’utile netto nei primi sei mesi di quest’anno, deriva soprattutto da precise scelte strategiche e da importanti investimenti che la nostra banca ha effettuato, pur in avverse condizioni di mercato che tuttora contraddistinguono lo scenario nazionale e internazionale”.

Senza dubbio l’influenza più evidente degli investimenti effettuati, tra cui spicca per l’appunto Banca Sara, emerge sulla consistenza delle masse amministrate: a fine giugno 2011 erano pari a 73,7 miliardi, in aumento di 2,2 miliardi (+3%) rispetto al 31 dicembre 2010 e di 4,2 miliardi (+6,1%) rispetto al 30 giugno 2010. All’incremento rispetto a dicembre 2010 hanno contribuito, oltre alla raccolta netta, proprio i 2,2 miliardi di masse conseguiti con l’acquisto di questa realtà (perfezionato in data 1° giugno 2011), parzialmente compensati dalla performance dei mercati. Per quel che riguarda invece l’utile, quello netto consolidato, pari a pari a 132,1 milioni, ha mostrato una crescita del crescita del 40,7% (+ 38,2 milioni) rispetto al primo semestre 2010 ( 93,9 milioni).

Escludendo le componenti che avevano influenzato negativamente l’utile del primo semestre 2010, per un importo pari a 20,9 milioni (relativo agli oneri stimati per la definizione di una controversia fiscale relativa agli esercizi 2005-2006), l’utile netto ha registrato una crescita del 15,2%. Una solidità generale che si riflette nei coefficienti patrimoniali, la cui elevata affidabilità è diventata un must per una credibile realtà finanziaria moderna: al 30 giugno 2011 il Tier 1 Ratio e il Total Capital Capital ratio sono risultati rispettivamente pari a 14,8% e 15,2%, superando agevolmente i livelli minimi richiesti dalla normativa (per Basilea il Tier 1 deve essere superiore al 6%).

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