Nfp deludenti. Cosa farà la Fed?

La notizia ha fatto il giro del mondo nel giro di qualche secondo tra i desk degli operatori e durante il week end anche la maggior parte della popolazione mondiale è stata informata del fatto: durante il mese di agosto, in America, non è stato creato nemmeno un posto di lavoro ed il tasso di disoccupazione è rimasto al 9,1%. Vi è stata anche la rivisitazione a ribasso del dato relativo al mese di luglio, che è passato da 117k a 85k.

Cosa ci dobbiamo aspettare ora dai mercati e dalla Federal Reserve? Molto probabilmente, l’istituto centrale dovrà ragionare sulle mosse da fare già nella prossima riunione di settembre, quando, nel meeting che eccezionalmente è stato fissato in due giorni anziché in uno solo, molto probabilmente verranno prese delle decisioni su un possibile QE3 o su mosse alternative che da qui al 20 settembre avremo modo di commentare in maniera approfondita.

Come ribadito settimana scorsa, non è questione di se, ma è soltanto questione di come e quando. In molti si interrogano sulla reale necessità di implementare nuovi piani di stimoli monetari, dopo che tanti analisti ed operatori hanno espresso dei pareri negativi circa l’effettiva utilità del QE2, partito lo scorso novembre.

Dobbiamo dire che, a nostro parere, il risultato del secondo piano di acquisti di asset da parte della Fed non ha effettivamente aiutato la ripresa dell’economia a stelle e strisce, ma ha evitato di ricadere in una nuova fase di recessione. Ora, la prospettiva di implementare qualcosa di simile per il futuro sta facendo capire ai diversi analisti che le size di interventi utilizzate fin’ora forse non sono state corrette e che qualcosa di ulteriore sia davvero necessario, in quanto i tassi a zero non sono stati e non saranno sufficienti a ridare forza alla ripresa.

Un’altra considerazione da fare riguarda la situazione di liquidità di molte aziende americane: in tanti si trovano in difficoltà, ma sono di numero maggiore le imprese che avrebbero del cash pronto da essere investito, ma che a causa della mancanza di fiducia nella ripresa stentano ad investire.  

Dobbiamo ricordare che il dato sulla fiducia dei consumatori pubblicato pochi giorni fa è risultato sotto la soglia di 50, raggiungendo il peggior calo dall’agosto del 2008 e facendoci capire come la situazione sia delicata al di là dell’oceano. La reazione del mercato c’è stata, ma non ci siamo spostati di molto a livello di equilibri di medio periodo. La volatilità sul dato di venerdì è stata alta e tirando le somme ci troviamo con un dollaro più forte nei confronti delle maggiori divise contro cui è quotato, sulla scia dell’avversione al rischio che è andata intensificandosi nel pomeriggio.

Tutto sommato, il pericolo più grande, ovvero quello di vedere il UsdJpy e UsdChf su nuovi minimi è per ora scongiurato e questo ci fa comprendere che la paura di assistere ad interventi delle banche centrali è ancora alta e potrebbe fare da deterrente nelle fasi di avversione al rischio, che rischiano di vedere le valute rifugio non acquistate a mani basse, come successo nei primi giorni di agosto, ma di vedere i flussi di capitale in uscita dal rischio riversarsi sui beni rifugio, leggasi oro che può tornare a rivedere i 1.900,00 dollari/oncia.  Incominciamo questa nuova settimana parlando dell’immancabile eurodollaro.

Il calo degli ultimi quattro giorni, di 400 punti, ha riportato all’attualità livelli abbandonati nella prima parte del mese di agosto. Facciamo riferimento ai due supporti che troviamo a 1.41 figura e 1.4050, rispettivamente dell’11 e del 5 agosto scorso. Per una grande coincidenza questi due livelli sono confermati dal transito della linea di tendenza positiva, di lungo, che sta contenendo la salita della moneta unica, nei confronti del dollaro, da giugno dell’anno scorso (un grafico giornaliero chiarirà perfettamente l’importanza di questo livello).  Il cambio UsdJpy, prosegue senza grandi sorprese il proprio percorso di lateralità, prossimo al minimo storico. Non possiamo fare a meno di indicare, ancora una volta, un supporto in area 76.

Il livello di resistenza invece si trova prossimo a 77 figura ed è indicato dalla media mobile di lungo periodo, su grafico con candele a 4 ore, e dal transito della linea di tendenza negativa dell’ultimo spunto a ribasso del cambio in atto da un paio di settimane.  Osserviamo ora il cambio EurJpy, che ovviamente data la stabilità del UsdJpy, si è mosso esattamente come l’euro. Sono due gli spunti che possiamo trarre dal recente movimento: il primo è un ipotetico supporto a 108, coincidente con il minimo di agosto e dal quale ci separano una cinquantina di punti. Il secondo spunto è dato dalla linea di tendenza negativa che ha origine lunedì scorso e che suggerisce una resistenza dinamica prossima a 109.75 per le prossime ore. 

Il calo del cable degli ultimi giorni, simile a quello visto sull’eurodollaro, ha avvicinato un livello di supporto molto interessante. Pensiamo infatti al picco di minimo a 1.6115 visto nei primi giorni di agosto, a cui in due occasioni distinte i prezzi non sono riusciti ad andare oltre. Un buon livello di resistenza giornaliero potrebbe essere dato da 1.6215.  Il cambio UsdChf ha messo a segno un bel rimbalzo venerdì, dal minimo poco al di sopra di 0.77 siamo giunti sino a 0.7905, in chiusura di giornata. Questo movimento ha di fatto coperto il range che possiamo indicare anche per le prossime ore come più importante.

Un peso maggiore è da attribuire alla resistenza, che trova poi in 0.7925 un livello di conferma alla rottura, dato che su questo punto troviamo l’incrocio delle media di lungo e breve su grafico a quattro ore nonché un’area di congestione vista giovedì scorso.  Il cambio EurChf ha saggiato venerdì mattina il livello che molti considerano come campanello di allarme per la SNB, 1.10. Da questo effettivamente abbiamo potuto apprezzare un notevole rimbalzo confermando per il momento l’importanza del livello. A 1.1225 troviamo la prima resistenza ad una salita della moneta unica.  

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