Euro ancora sotto pressione

Vorremmo incominciare una nuova settimana utilizzando dei toni positivi, che trasmettano fiducia e che soprattutto si discostino da quelli utilizzati durante i mesi passati, ma purtroppo la situazione macroeconomica non lo permette. Ancora una volta è il Vecchio Continente che preoccupa i mercati globali e che obliga gli investitori a rifugiarsi su quanto ancora considerato solido, nonostante tutto: il dollaro (forse in questo caso pesa fortemente l’impossibilità del franco di apprezzarsi oltre ai livelli attuali nei confornti della moneta unica, come vedremo acnhe sotto, lasciando agli investitori minore scelta).

Il presidente Trichet, la settimana scorsa, si era detto meno preoccupato della pressione inflazionistica che ha attraversato l’area euro fino ai mesi scorsi (come abbiamo detto di recente speriamo si rendano conto quanto sia stata la recessione globale a portare a questa diminuzione e non tanto il percorso di stretta monetaria incominciato ad aprile scorso) ed ha speso invece qualche parola per introdurre una diminuzione prevista nel GDP dell’area a causa di “problemi” che alcuni paesi stanno affrontando. Ebbene questi “problemi” stanno sempre più affiorando, in particolare sul finire di settimana scorsa, facendo perdere terreno pesantemente alla moneta unica, che in uno scenario come quello attuale non è premiata dal differenziale di tasso così favorevole rispetto algi States, come sarebbe stato in altri momenti di mercato, ma piuttosto penalizzata da un potenziale rischio default di una delle nazioni dell’area e dall’abbandono di uno dei membri del consiglio direttivo BCE.

Le dimissioni di Jürgen Stark dalla Banca centrale europea giungono proprio al momento sbagliato. Poco importa se il governo federale ha già indicato il successore, Jörg Asmussen, quello che il mercato ha fiutato è un abbandono da una carica fondamentale, in un momento molto delicato di uno dei membri della BCE, dal 2006, storicamente più orientati verso la stretta monetaria piuttosto che verso iniziative accomodanti. Per di più questa notizia è giunta negli stessi istanti in cui, sempre più, sul mercato ha cominciato a circolare la voce di un fallimento controllato dello stato Grecia. Questa volta il ministro dell’Economia tedesco, dopo il collega delle Finanze, si è unito al coro di coloro i quali (principalemtne tedeschi, forse perché come motore dell’Unione sta sopportando i costi maggiori) prospettano la possibilità di una bancarotta greca per stabilizzare l’euro.  

Il ministro infatti ha affermato che la Grecia si è impegnata ad attuare le condizioni necessarie per ricevere gli aiuti e se queste non saranno rispettate innanzitutto la Grecia deovrebbe perdere il diritto di voto nel consiglio dei ministri dell’unione europea e in secondo luogo potrebbe verificarsi la possibilità di un fallimento (possibilità non così remota dato che il team del ministro è all’opera per capire quali potrebbero essere gli scenari che potrebbero innescarsi). Non si sa se spronata da questa possibilità, nel frattempo, il governo greco ha varato una nuova tassa sulla proprieta immobiliare che dovrebbe permettere di “rastrellare” 2.5 miliardi di euro. Vedremo presto se questo sarà sufficiente.

Parlavamo sopra del grande calo della moneta unica, ebbene ora affrontiamolo dal punto di vista tecnico. La tendenza a ribasso, con un’accelerazione degli ultimi giorni, è in atto da nove giornate di trading (con oggi) ed ha permesso ai prezzi di lasciare sul terreno quasi perfettamente dieci figure. Non dovrebbe stupire, quindi, che un movimento di questo tipo abbia permesso al cambio di interrompere una tendenza molto evidente di lungo periodo, quella passante intorno a 1.40 sino alla settimana passata. La rottura di questo ha aperto la strada ad un calo di 500 punti nel giro di un paio di giornate. Rotti quindi tutti i riferimenti più chiari ci dobbiamo affidare al passato più remoto, di febbraio circa, per individuare possibili livelli obiettivo per questa tendenza così forte. Potremmo considerare il successivo livello di Fibonacci (il 50% del movimento in salita di lungo, indicato poco al di sopra di 1.34), confermato peraltro da una buonissima serie di massimi e minimi giornalieri compiuti proprio fra gennaio e febbraio.

Compreso fra 1.3775 e 1.3835 si trova invece il livello di attuale resistenza che potrebbe portare ad un’inversione di questa forte pressione ribassista.  Il cambio UsdJpy, di contro, non sta mostrando nulla di diverso da quanto già visto i giorni scorsi. La fuoriuscita temporanea, oltre la resistenza di 77.70, non è stata seguita da una pressione rialzista tale da compiere un buon movimento di breakout. La vicinanza del cambio al minimo storico (dal quale ci separano solamente 150 pip) testimonia la delicatezza del momento che stanno vivendo i mercati. Consideriamo come supporto 77.10 (dato da una buona serie di minimi su candele orarie recenti) e, successivamente, 76.90 (suggerito dalla trendline positiva che trae spunto proprio dal minimo storico dl cambio).

Diamo uno sguardo ora al cambio EurJpy, che con le premesse sopra indicate non può che trovarsi in una condizione simile all’euro. Il profondo calo degli ultimi giorni ha permesso di oltrepassare, con forza, anche il livello indicato come ipotetico punto di arrivo, 106.50, che si trovava sul minimo raggiunto dai prezzi a marzo scorso e proiettarsi così oltre l’ultimo 105.50 e terminare la corsa su livelli abbandonati dieci anni fa. Sembra proprio, a questo punto, che 100, picco minimo del maggio 2001, non sia un’utopia ma qualcosa di fattibile neanche troppo in la nel tempo.

Attenzione all’area compresa fra 105.50 e 106.50, unica candidata come resistenza a questa forte pressione ribassista.  Non stupisce in questo contesto vedere un cable che continua il precorso in calo incominciato verso la metà di agosto. Ciò che attrae maggiormente l’attenzione di chi scrive, ora, è il minimo di riferimento precedente, visto ad inizio luglio e quasi perfettamente ad inizio anno, a 1.5780. Questo è anche il primo livello di supporto indicato dalla prima delle percentuali di ritracciamento di Fibonacci se osserviamo la tendenza di lungo, in salita, compresa fra 1.4235 e 1.6735.

Con tutto questo movimento di fondo fa impressione osservare il franco non riuscire ad apprezzarsi contro la moneta unica, più di qualche decina punto. Oramai si sa, la SNB ha fornito un livello, 1.20, e si è dichiarata pronta con ogni mezzo a difenderlo. Data la vicinanza, ora 1.2050, forse potrebbe valer la pena dargli un po’ di credito… Discorso differente invece per quanto riguarda il cambio UsdChf. Il dollaro in 23 giornate di trading ha potuto riprendersi di 1.800 punti, ritornando su livelli di prezzo che sono stati abbandonati a marzo scorso. Superato con decisione il primo baluardo di 0.8855, i prezzi si sono trovati a fare i conti con il successivo 0.8920, dove il passato indica un’area di resistenza statica interessante.

Se anche questa dovesse essere oltrepassata non rimarrebbe che 0.9325, come resistenza.  Concludiamo con le valute ad alto rendimento, anch’esse in grande difficoltà contro un dollaro pigliatutto.  Il calo del cambio AudUsd, rotto anche 1.0475, trova ora solamente 1.0310 come supporto prima di uno scivolone ancora più importante.  Il cambio NzdUsd, ora a 0.8150, trova un ultimo supporto 175 punti al di sotto, prima di incominciare un ulteriore calo che troverebbe supporto solamente a 0.7775. 

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