Risparmio gestito, M&G scettica sull’Efsf

Dieci motivi per cui il fondo salva-Stati non è il Santo Graal: li elenca Michael Riddell, team fixed income di M&G Investments, in una nota.

“Sono numerose le preoccupazioni che abbiamo rispetto al fondo salva-Stati, l’Efsf, sin dal momento che ne è stata annunciata la creazione”. Primo punto, “il considerevole rischio di downgrade del rating tripla A di uno o più Stati garanti, che minaccerebbe lo stesso rating tripla A del fondo salva-Stati”. Segue “il fatto che attualmente dimensione e struttura del fondo non sono sufficienti per un eventuale salvataggio di Spagna e Italia”.

Poi, “un fondo più ampio, come possibile soluzione al punto 2, potrebbe andare a pesare sul rating degli Stati sovrani risultando nel problema 1”. Quarto punto, “il rischio legale. Gli investitori nelle obbligazioni del fondo Salva-Stati non hanno visione di come verranno impiegati i soldi. Inizialmente, agli investitori era stato detto che il Fondo non sarebbe stato utilizzato per i salvataggi bancari, ma questo sembra stia cambiando. E se un garante dell’Efsf rinnega la sua garanzia allora non c’è recupero dei soldi. Quindi se per esempio la Slovacchia si tira fuori, la Germania finisce solo per garantire di più”.

Inoltre, “alcuni degli iniziali Paesi garanti (Spagna e Italia) sono essi stessi in difficoltà e probabilmente avranno bisogno di un salvataggio. Se il problema numero 3 è in qualche modo superato, ciò implica ulteriori obbligazioni dell’Efsf. Ma a quel punto si entra nel problema della fungibilità. Ciascuna obbligazione del fondo ha diversi garanti, quindi la prima tranche è stata emessa per il salvataggio dell’Irlanda. Il Portogallo rimane ad oggi uno dei garanti di quella emissione, nonostante lo stesso Portogallo abbia  avuto anche lui bisogno di ricorrere al salvataggio: le due successive emissioni dell’Efsf sono state destinate al salvataggio del Portogallo, e di queste ovviamente né Portogallo né Irlanda erano garanti”.

Sei, “l’esistenza di un’altra grande entità sovranazionale con rating tripla A lascerà presumibilmente fuori gli emittenti del settore privato, i governi e in particolare altre entità sovranazionali, spingendo al rialzo i costi di finanziamento. In aggiunta a questo, l’esistenza di un’altra entità sovranazionale con rating tripla A farà riflettere gli investitori sulla solidità del sostegno sovrano per quelle strutture di finanziamento Ue che – a differenza dell’Efsf – non hanno una garanzia esplicita”. In più, “se fosse necessario ristrutturare banche o Paesi sovrani e i garanti dell’Efsf dovessero rimborsare i propri investitori, allora i garanti avrebbero bisogno di raccogliere liquidità attraverso l’emissione di bond, cosa che aumenta i livelli di debito, e riporta nuovamente al punto 1”.

C’è poi da considerare che “la ristrutturazione del debito di uno stato sovrano sarebbe la prova del fallimento del meccanismo di sostegno del Fondo Salva-Stati e delle misure di austerità fiscale. Questo non sarebbe una sorpresa, l’Efsf non riduce il peso dei debiti o incoraggia la sostenibilità del debito stesso; non fa nulla per affrontare il problema della solvibilità. Ci sono state molte discussioni nel definire il fondo Salva-Stati, ma questo è stato pensato per durare fino al 2013, momento in cui si ricomincerà daccapo con il Meccanismo di stabilità europeo. E, potenzialmente, l’Esm è subordinato all’Efsf, con un livello di seniority rispetto ai creditori esistenti”.

Infine, “Il fondo Salva-Stati non ha fondi prestabiliti. Gli investitori devono essere convinti a cedere miliardi di euro per investire in un veicolo con un mandato sempre più esteso, che presta denaro ai governi europei, alle banche proprio nel momento in cui il mercato ha deciso che questi governi e banche sono insolventi”.

“Concentriamoci sull’ultimo punto”, conclude l’esperto. “Finora sono stati emessi titoli per soli 13 miliardi di euro, due emissioni a cinque anni e una a dieci. Sembra che l’intenzione sia per molti molti altri miliardi di euri di emissioni. Quindi l’offerta/stanziamento di titoli Efsf aumenta drasticamente, e al tempo stesso, la domanda degli investitori diminuirà probabilmente con gli investitori che diventeranno sempre meno disposti a finanziare l’Efsf per tutte le ragioni sopramensionate. Vasta offerta e scarsa domanda, una combinazione non proprio ottimale”.

“Il mercato sta già perdendo fiducia. Nonostante siano garantiti e prezzati per performare una volta emessi (e quindi sottoscritti in massa), le prime obbligazioni dell’Efsf messe sul mercato a gennaio rendono oggi 100 bps in più dei Bund. Curiosamente rendono anche più delle obbligazioni emesse dalla Bei, Banca europea degli investimenti, che godono solo una garanzia implicita da parte degli stati membri. Un proseguimento di questa tendenza risulterebbe nel fatto che la Bce diventerebbe l’unico acquirente finale dell’Efsf, cosa che gli Stati nord europei vogliono disperatamente evitare”.

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