Aviva Investors, un default greco non affonderebbe i mercati finanziari

Cosa succederebbe se la Grecia fallisse? Se lo chiedono gli esperti di Aviva Investors – società di gestione del gruppo Aviva con asset in gestione per oltre 269 milioni di sterline – secondo cui un default di Atene potrebbe portare l’Europa in recessione, ma non necessariamente colpire i mercati finanziari globali.

 L’incontro del Fondo Monetario Internazionale dello scorso fine settimana ha alimentato nuove speculazioni su possibili decisioni per risolvere la crisi del debito greco.  Stewart Robertson, Senior Economist di Aviva Investors Londra, ritiene che un default del debito greco sia lo scenario più probabile. Tuttavia, Robertson è dell’opinione che benché un default potrebbe aggravare la recessione nella Zona Euro, non porterebbe necessariamente a un effetto contagio sui mercati finanziari a livello globale come successe nel caso Lehman Brothers nel 2008. Anche se un certo rischio permane ancora, ci sono molte azioni che le autorità preposte possono ancora intraprendere al fine di evitare che un tale scenario si verifichi.  “L’Europa si deve svegliare e agire per porre fine alla crisi greca e minimizzare il potenziale effetto contagio. C’è semplicemente troppo debito nel sistema greco, e miglioramenti saranno difficili finché prevarrà l’opinione generale che tale debito non possa essere ripagato, che gli asset debbano essere svalutati e il sistema rifinanziato. La trappola del debito deve logicamente concludersi con una qualche forma di default”, ha osservato l’esperto.

Le esperienze in Sud America e altrove, ha continuato, hanno dimostrato che una ristrutturazione ordinata dei debiti esteri può instaurare nuovamente la sostenibilità del debito, la competitività e la crescita. Tuttavia, ciò spesso comporta impennate inflazionistiche e svalutazioni monetarie, entrambi strade impraticabili per una Grecia dentro la zona euro. La Grecia e altri Paesi vulnerabili hanno invece le seguenti opzioni:
-Un tasso di cambio dell’euro molto più debole;
-Un miglioramento della produttività di rilievo come risultato di riforme strutturali;
-Enormi riduzioni dei prezzi e dei salari;
-Una nuova moneta svalutata.
Con le prime tre opzioni poco probabili, l’ultima – una nuova moneta svalutata – pone una questione fondamentale: la Grecia rimarrà nella zona euro, oppure ne uscirà adottando una nuova dracma?  Robertson ritiene che un’uscita sia plausibile. L’euro si è indebolito e le preoccupazioni sul futuro della moneta unica sono aumentate negli ultimi mesi. Tuttavia nel più lungo termine si potrebbe rafforzare l’idea di restringere l’eurozona a un gruppo di nazioni più forti che in futuro continueranno a condividere la moneta unica. Robertson ha anche evidenziato i rischi a breve termine che potrebbe causare il default della Grecia e ai quali gli investitori devono prestare attenzione:

Volatilità dei mercati: Nel corso dell’estate la possibilità del default greco ha più volte preoccupato i mercati e, nel caso venga finalmente dichiarato il default, bisogna aspettarsi consistenti cali negli asset rischiosi, specialmente nelle azioni. E’ difficile prevedere quanto pesanti saranno le ripercussioni sul sistema bancario europeo. Molte banche europee potrebbero essere nazionalizzate. Inoltre, i rendimenti sui mercati obbligazionari di altri paesi periferici potrebbero impennarsi, avvicinandoli alla necessità di un salvataggio, o alla possibilità di default o ristrutturazione.

Contagio: di conseguenza, il contagio è un rischio che le autorità europee devono gestire in modo attento. Un fallimento della Grecia pone fine alla convinzione che per un Paese dell’eurozona sia impossibile un default e sposta l’attenzione su altri Paesi a rischio. E’ quindi di fondamentale importanza che gli altri Paesi in difficoltà – Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia – usino il tempo che precede il default della Grecia per mettere ordine nelle proprie economie e finanze pubbliche.

Recessione: il fallimento della Grecia rafforzerebbe il rischio di una nuova e più grave recessione in Europa e altrove. Se il sistema bancario europeo implodesse a causa della crisi dell’Euro, si potrebbe creare un effetto contagio attraverso il canale dei mercati finanziari in un modo simile a quanto già successo nel 2007/08. La Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe essere costretta ad agire in modo più aggressivo, seguendo forse programmi di tipo Quantitative Easing  più espliciti e tagliando i tassi di interesse vicino allo zero per cento all’inizio del prossimo anno. Un default non dovrebbe portare automaticamente a una crisi sui mercati finanziari simile a quella causata da Lehman, ma potrebbe aumentare il rischio di un effetto simile, quindi le autorità devono intervenire velocemente.

“Per quanto i problemi dell’Eurozona possano essere  risolti nel lungo termine, c’è la chiara sensazione che oggi la crisi stia arrivando ad un altro inizio”, ha concluso Robertson. “In futuro l’Eurozona potrebbe apparire diversa, ma a mio avviso continuerà ad esistere. E non bisogna dimenticare che la situazione fiscale per l’intera zona è gestibile e che la BCE – se deve – può fare di più per controllare l’economia. Se da una parte c’è la crisi dell’Eurozona, dall’altro c’è anche la possibilità che dalla crisi stessa possano scaturire delle soluzioni. Il sentiment e i mercati rimarranno volatili ancora per qualche tempo e gli investitori devono agire di conseguenza: dopo i grandi crolli del mercato azionario, c’è chiaramente un potenziale al rialzo. Ma ci sarebbe ancora molto da dire su come costruire dei portafogli di investimento cauti e protetti”.

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