Euro forte, nonostante tutto

L’euro continua a tenere botta contro il dollaro americano, pur trovandoci di fronte ad una situazione in Europa che definire critica risulta essere prudente. Ieri abbiamo assistito ad una partenza molto combattuta dei mercati, con una volatilità notevole da tenere in considerazione, ma il rumor secondo il quale l’America avrebbe potuto accettare un’espansione della capacità di fuoco del Fondo Monetario Internazionale (il fondo vorrebbe aumentare la capacità di prestito di 500 miliardi di dollari, ma America e Gran Bretagna si oppongono in base al fatto che l’Europa può reperire capitali internamente) è riuscito a dare una direzionalità di breve termine al mercato.

Rumor che, una volta non confermato, non ha portato a nessuna forte discesa, confermando che il sentiment di brevissimo degli operatori non è poi così negativo. La vicinanza a punti di supporto per il dollaro americano (che in fasi di appetito per il rischio continua ad essere venduto su larga scala in quanto valuta di finanziamento) deve farci stare molto attenti, in quanto potrebbero avvenire due scenari: la rottura o la tenuta. Questi possono essere sfruttati utilizzando delle strategie di ingresso a mercato sulla rottura di punti significativi, andare ad anticipare i potenziali movimenti risulta essere davvero rischioso e tale tipologia di trading dovrebbe essere accompagnata sempre da stop loss posizionati sulle posizioni che si vanno ad aprire, considerando anche il fatto che, nonostante i basket di liquidità siano tornati a livelli standard, la volatilità continua a rimanere molto alta, sintomo di incertezza e nervosismo da parte degli operatori, che (e qui ci ripetiamo, vogliate scusarci) si affidano soltanto all’accensione ed allo spegnimento dei pulsanti relativi al rischio.

Tornando a parlare dell’ambiente macro, l’unico fattore che potrebbe assumere un peso rilevante nei prossimi giorni è da ricondurre alle negoziazioni che la Grecia sta portando avanti con gli investitori privati. Sembra infatti che entro il week end si possa arrivare a stipulare un accordo su un taglio dei pagamenti da effettuare, il che eviterebbe (almeno per il momento) il default del Paese e potrebbe portare la moneta unica a salire nel breve periodo (se adesso scambiamo sotto 1.2900, immaginiamoci dopo una notizia del genere) in quanto potrebbe tornare in forza una certa voglia di ricercare rendimenti più elevati nei mercati, a scapito del dollaro americano, funding currency per eccellenza degli ultimi mesi. In un quadro di medio periodo, l’euro ha tutte le carte per indebolirsi e fino a quando rimaniamo sotto 1.3000 esso rimane valido.

Un fatto che dobbiamo commentare è accaduto ieri sul cross EurChf. In un minuto abbiamo visto le quotazioni passare da sotto 1.2100 a 1.2150, per poi tornare a scendere in maniera molto veloce. Nessun rumor è stato confermato, ma crediamo che la Banca Centrale Svizzera abbia alzato i telefoni per chiedere dei prezzi sull’EurChf, che chiaramente è stato loro quotato in ottica di dover far fronte ad un grosso acquisto di euro (lo spread nel momento del movimento è arrivato a oltre 35 punti, con un bid a 1.21149 ed un ask a 1.2151, questo ci fa capire come i dealer abbiano letto il lato di mercato della banca e siano andati a quotare allargando il prezzo offerto).

Osserviamo ora la situazione dei maggiori tassi di cambio cominciando, some sempre, dall’eurodollaro.
La tendenza positiva, evidenziata dalla riapertura dei mercati domenica sera, sta conducendo la moneta unica nei pressi di quello che potrebbe risultare come un cambiamento radicale. Stiamo ovviamente parlando della potenziale rottura della trendline negativa con origine ad inizio novembre, dalla quale ci separano oramai solamente una cinquantina di pip. Prima di arrivare al livello, che oggi transita a 1.2920, il cambio dovrà fare i conti con una resistenza posizionata a 1.2880, già massimo della notte e della settimana passata. La rottura definitiva della media mobile a 100 periodi (1.2850), su grafico h4, è fonte di ulteriore spinta rialzista. Ciò che andiamo ripetendo sul cambio UsdJpy, da giorni, potrà essere considerato valido anche per la giornata entrante. Per riassumere, i movimenti dei prezzi sono da tre settimane racchiusi all’interno di uno stretto canale laterale che transita compreso fra 76.55 e 77.30. Sino ad una rottura non potremo conoscere la direzione del cambio.

Passando al cambio EurJpy abbiamo visto ieri mattina la rottura della trendline ribassista che costringeva il cambio ad una tendenza in calo da almeno un paio di mesi. Rotto quindi il livello dinamico a 98.25, siamo ora in attesa di una conferma che possa lasciar sperare in una ripresa più strutturata del cambio che, ricordiamo, si trova ancora ai minimi dagli ultimi undici anni in una situazione poco  invidiabile e di potenziale ribasso. Il livello che sospettiamo possa fornire un po’ di quella volatilità positiva che manca da giorni è dato da 99 figura che, oltre ad essere il massimo ricorrente delle ultime due settimane di scambi, è il livello esatto dove transita la media mobile di lungo su grafico h4. La trendline potrà essere utilizzata come nuovo spunto ribassista se dovesse essere ulteriormente superata, in seguito ad un calo del cambio.

Il cable ha mostrato qualcosa di simile all’eurodollaro, anche se con meno volatilità. Il cambio si è allontanato non solo dall’area di massima allerta posizionata a 1.53, ma anche dal livello di passata resistenza indicato dal doppio massimo recente di 1.54. Ovviamente quest’ultimo livello diviene l’area di supporto del cambio che si trova anch’esso a dover fare i conti con la media di lungo che transita a 1.5440 nelle prossime ore. Il movimento visto nella sezione macro non ha di fatto cambiato le carte in tavola al franco svizzero. Nonostante la buona volatilità, la tendenza ribassista racchiusa all’interno del canale ribassista incominciato un mese fa esatto continua a risultare valida. I due estremi da considerare anche oggi sono dati da 1.2135 e da 1.2035: l’ampiezza rimane di una figura con l’abbassamento dei livelli a causa del passare del tempo.

Anche la tendenza del dollaro australiano non accenna a mutare, aiutata dalla debolezza generalizzata con cui deve fare i conti il dollaro americano. 1.0440 continua a rimanere l’attuale livello da superare per assistere ad un nuovo movimento impulsivo a rialzo e dagli obiettivi ambiziosi, dato che sino al massimo di fine ottobre non sembrano essere presenti ulteriori ostacoli. Ricordiamo che il movimento al quale stiamo assistendo trova supporto su una prima trendline positiva che transita a 1.03.

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