Silvio Berlusconi come Cadorna?

Siamo una classe di discoli. L’hanno stabilito alcuni bravi professori tutti riuniti a consulto a Cannes. Ci hanno messo in castigo. Non siamo proprio i peggiori della scuola, ma sembra che siamo i più pericolosi (per gli altri). Ci hanno riuniti in un’aula un po’ stretta (dicono che così ci controllano meglio) e ci hanno assegnato alle cure di una maestrina di nome Angelina (non è proprio un angelo, neppure troppo diafana, dal carattere asprigno, ma alla fine materna). C’è anche un assistente (ai miei tempi si sarebbe chiamato bidello) di nome Niccolò Sarconò, un po’ più agitato di lei, molto volenteroso e sempre in movimento. A fine corso (breve, massimo tre mesi) ci sarà un esame collettivo con commissari provenienti da altre scuole, anche americane. Insomma una cosa seria. La maestrina, in occasione della festa delle nostre forze armate (4 novembre) ci ricorda la storia della grande guerra e in particolare della riscossa di Vittorio Veneto.

In seguito alla disfatta di Caporetto gli alleati anglo-francesi, molto preoccupati di un eventuale cedimento del fronte italiano dopo quello russo, che avrebbe determinato anche il loro tracollo, mandarono ufficiali e capi di stato maggiore a cercare le cause della nostra disastrosa sconfitta e a studiare possibili proposte per risollevare le sorti dell’Italia prossima al collasso. La commissione d’indagine concluse che il soldato italiano era addirittura migliore di quelli anglo-francesi, disposto a sacrifici che militari di altri paesi non avrebbero sopportato, i sottufficiali e ufficiali erano nella “media”, mentre gli alti comandi erano un “branco d’incapaci” (pare che abbiano scritto proprio così). Insomma il problema stava nel vertice, non nella base.

Per sostenere l’Italia e mandare aiuti e truppe, gli alleati imposero come condizione la destituzione del generale Luigi Cadorna (individuato come principale responsabile della disfatta) e la sua sostituzione col Duca d’Aosta. Il generale Cadorna strepitò che la colpa non era sua, ma dei soldati vigliacchi e incapaci e infiacchiti dai soliti socialisti (era una sua fissazione dall’inizio della guerra: una totale mancanza di autocritica). Lo lasciarono strillare, non lo ascoltarono neppure: era troppo screditato, in tre anni di guerra non aveva combinato pressoché nulla di buono. Lo confinarono in un incarico “importante” dove non avrebbe potuto fare più danni. Lo misero in un comitato di coordinamento interalleato, che non serviva assolutamente a nulla. Il re non nominò a capo dell’esercito il proprio “cugino” Duca d’Aosta (vatti a fidare dei parenti).

La scelta cadde su un generale napoletano di origine spagnola (non proprio uno straniero, un lascito della dominazione iberica) che aveva fatto parte dei reparti combattenti ed era stato anche ferito in battaglia. Morale della favola: conosceva la condizione dei suoi sottoposti e non decideva solo a tavolino. E da lì, ribaltando tutto quello che era stato fatto fino a quel momento e, con un piccolo aiuto degli alleati, partì la riscossa. E l’Italia, insieme agli alleati, vinse la guerra. Com’è bella la storia! Dovrebbe essere maestra di vita. La storia insegna, peccato che pochi imparino. Quando la maestra Angelina c’interroga, però la musica cambia.

Non ci chiede di Cadorna, linea del Piave, Vittorio Veneto e quello che abbiamo sentito finora, ma di euro, pensioni, liberalizzazioni, Grecia, ispettori, fondo monetario e nomi di persone che non sono nei libri di storia. L’insegnante ci spiega che la storia in questo caso è un apologo, oltre che magistra vitae. Adesso è chiaro chi sia Cadorna, cosa sia Caporetto, chi siano i signori generali alleati, i membri della commissione d’indagine e via dicendo. A questo punto il sogno s’interrompe. Purtroppo Angelina non ci ha detto il nome del nuovo Diaz e soprattutto non è sicuro che ci sarà Vittorio Veneto. Anzi secondo lei la nostra crisi durerà almeno 10 anni. Chi ha orecchi per intendere intenda.

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