La settimana inizia con le solite preoccupazioni

La settimana di contrattazioni non si è aperta nel migliore dei modi. A tenere banco ci sono state tre notizie principali: il possibile downgrade della Francia da parte dell’agenzia di rating Moody’s, il ‘nein’ della Germania agli Eurobond ed il mancato accordo all’interno del supercomitato americano che doveva stendere un piano per la riduzione del deficit di bilancio USA.

La riduzione del rating della Francia, che attualmente gode della tripla A, sarebbe determinato dall’innalzamento dei tassi sui titoli di stato d’Oltralpe in un contesto di deterioramento delle prospettive dell’economia che minerebbe ulteriormente il bilancio statale francese. E’ inutile dire che la tensione sui tassi dei titoli di Stato non si sia allentata nemmeno nei confronti di Italia e Spagna, nonostante quest’ultima abbia mostrato un deciso cambio di rotta politica con le elezioni politiche di domenica ed anche l’Italia abbia di recente cambiato l’esecutivo. Certamente un downgrade della Francia farebbe più clamore di quello di Italia o Spagna ed il mercato si comporterebbe di conseguenza, richiedendo un maggior premio per il rischio (ergo, maggiori tassi di interesse).

E’ ormai cristallino come la variabile di mercato più osservata sia lo spread, ossia il differenziale di rendimento tra i titoli di stato dei paesi più virtuosi (Germania) e quelli con problemi di bilancio (Italia, Spagna, Portogallo, ecc…). Se pensiamo che tutti questi paesi fanno parte dell’area euro, è lecito aspettarsi un’azione comune al fine di eliminare o quantomeno limitare le possibili fonti di problemi. In questo senso si inserisce la proposta di introduzione dei cosidetti Eurobond, ipotesi sulla quale però il paese leader di eurolandia, la Germania, mostra una certa freddezza, affermando che tale soluzione non sarebbe certo una cura “miracolosa”

Anche dagli Stati Uniti non arrivano notizie confortanti: il supercomitato misto repubblicani-democratici creato per lo studio della riduzione del deficit, infatti, non è riuscito a trovare un accordo e di conseguenza ha dichiarato il fallimento del tentativo a causa di insanabili differenze all’interno del comitato. Lo scopo del gruppo di esponenti bipartisan era il taglio di almeno 1.200 miliardi di dollari del debito americano in 10 anni. In questo contesto, abbiamo osservato un generalizzato ribasso delle borse (Dow Jones -2.10%, FTSE Mib -4.74%, Parigi -3.41%, Francoforte -3.35% e Londra -2.62%). Più limitato l’effetto sul mercato valutario, dove il dollaro si è apprezzato marginalmente nei confronti dell’euro mentre è apparso più importante l’apprezzamento verso la sterlina. Il calendario macroeconomico odierno mostra un paio di appuntamente importanti: alle 14.30 il PIL statunitense (visto in crescita del 2.5% su base annua, come nella precedente rilevazione) e le minute della FED alle 20.00.

Passando all’analisi tecnica, vediamo come EurUsd, nel corso dell’ultima settimana si sia mosso all’interno di un canale laterale con estremi 1.3420-1.3560, salvo uno strappo al rialzo prontamente ripreso. Osservando l’andamento partendo più da lontano, osserviamo come la tendenza sia più favorevole al biglietto verde e, di conseguenza, è di fondamentale importanza monitorare cosa farà il cambio in corrispondenza di un ritorno verso l’area di supporto. La violazione al ribasso di tale livello, infatti, potrebbe spingere il cambio ancora più verso il basso ed il primo obiettivo sarebbe area 1.3150. UsdJpy continua la fase di indebolimento che si protrae ormai da mesi: tecnicamente, la rottura al ribasso di 76.50 potrebbe aprire lo spazio per un ulteriore rafforzamento dello yen contro il dollaro americano. Vista la sostanziale stabilità di UsdJpy, EurJpy non può che replicare molto da vicino l’andamento di EurUsd: l’uscita dalla fase laterale degli ultimi giorni (103.20-104.20) potrebbe spingere lo yen verso nuovi massimi in area 100.75. Ovviamente è sempre da tenere in considerazione un possibile intervento sul mercato della Bank of Japan.

Il cable è sceso decisamente ieri a causa di rumor sull’uscita di dati non particolarmente brillanti sulla sterlina: la rottura di 1.5690 è stato un chiaro campanello d’allarme per la moneta UK. Se tale andamento venisse confermato anche nei prossimi giorni, il primo obiettivo del movimento sarebbe 1.5250. Con EurChf ancorato a 1.2280-1.2430, UsdChf è invece prossimo ad un area di resistenza posta tra 0.9230 e 0.9300 che se superata potrebbe vedere il cambio spingersi fino a 0.9750.

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