La Virgin, Branson e le banche

Si dice che l’attuale crisi cambierà il nostro modo di vivere, il nostro modello di civiltà, etc. A essere sinceri finora si è visto poco di tutto questo e le cose sono continuate più o meno come prima: gli stati hanno continuato a indebitarsi, i banchieri a godere di ricche prebende, etc. Forse il primo vero elemento di novità è costituito dall’acquisto di Northern Rock da parte del signor Branson, un estroverso miliardario che non ricorda certo le grisaglie dei compunti banchieri di Wall Street. L’operazione si presta a due distinte considerazioni. Northern Rock fu nazionalizzata nel 2007, all’inizio della crisi dei subprime. Il tesoro inglese investì 1,4/1,6 miliardi di sterline nell’acquisto e nella ricapitalizzazione della banca.

Dopo 4 anni abbondanti si trova a rivenderla a circa 1 miliardo di sterline (il prezzo è anche in funzione dei futuri risultati della banca). Forse fu pagata cara allora (dicono i conservatori), forse è venduta sottoprezzo oggi (dicono i laburisti), la sostanza è che lo stato perde una parte dei quattrini investiti, ma restituisce una banca al mercato con la garanzia della conservazione dei posti di lavoro e altri elementi postivi. Al di là delle polemiche spicciole della politica, la strada seguita dal Regno unito è indicativa di come si possa o forse si debba uscire dalla crisi delle banche. In Europa vi sono dozzine di banche bisognose di liquidità e soprattutto di ricapitalizzazione, ma i mercati sono molto negativi sul settore e gli analisti sconsigliano di investirvi. Non resta quindi che l’ultimo investitore, lo stato o qualcosa di sovrannazionale che faccia sempre riferimento agli stati.

Esattamente come la crisi del ‘29 in Italia, quando nacque l’Iri proprio per salvare le (allora) tre banche d’interesse nazionale. Il punto critico riguarda la dismissione di queste partecipazioni: deve avvenire in tempi più brevi possibili. Con la crisi attuale la cosa non si presenta realizzabile considerato che la Merkel (con buone motivazioni) preconizza dieci anni di vacche magre. Allora il meccanismo di dismissione delle banche dovrà essere studiato o in relazione al prezzo di borsa delle azioni (così sarà anche un calmiere) o alla durata, fissandola fin d’ora in un massimo di 10 anni, rimettendo al legislatore futuro ogni modifica in un senso o nell’altro. Solo così potremo uscire dalle secche di un sistema bancario che non riesce neppure a finanziare i mutui per l’acquisto della prima casa. Il secondo punto riguarda il futuro del mondo bancario.

Cosa farà il signor Branson con la banca acquistata, perché a “quel prezzo non si poteva non comprare”? Già dichiara di voler acquistare altre banche in Europa, magari farà un super gruppo con le banche “fallite”. In economia il signor Branson è un innovatore e un sognatore, basti pensare allo “spazioporto” che ha costruito in America. Porterà la rivoluzione anche in banca con servizi innovativi, bassi costi, operazioni più semplici o cos’altro? Non si conosce il suo piano d ’ i m p r e s a per i prossimi anni. Il fatto che si sia impegnato a mantenere il personale esistente, non fa pensare a una rivoluzione, ma con un tipo del genere non si sa mai. Le banche hanno già fatto parecchio sotto il profilo della innovazione, della riduzione dei costi, etc. Probabilmente non abbastanza. Sono a un punto di svolta. Le transazioni bancarie avvengono ormai al 60% tramite internet, le filiali hanno perso molto del loro lavoro, la gestione del rischio passa a soggetti diversi da chi opera sul mercato, gli annunci di personale in esubero si ripetono. Sembra quasi di rivivere la crisi della siderurgia degli anni 80 e 90. Eppure le nostre banche sono rimaste compassate e plumbee, salvo eccezioni, come prima. Vuoi vedere che costui porta una scossa nel sistema e lo modernizza. Speriamo che non si limiti a mettere belle ragazze in divisa rossa agli sportelli ma che sia una Mary Poppins che umanizzi il sistema.

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