Gli eurobond e i segreti di Angela

L’Europa è ormai una diarchia franco-germanica, di fronte alla quale a turno sono chiamati a fare i compiti i discoli della cosiddetta eurozona. L’interrogazione dei cattivi però si sta trasformando in un assedio/ supplica nei confronti della Merkel e della Germania affinché, in fin dei conti, ci aiuti a pagare i nostri debiti (ma anche quelli di Grecia, Portogallo, etc. In breve i PIIGS). La situazione è molto critica e qualunque strada si scelga il rischio di sbagliare è altissimo, quasi una certezza. Perché la Merkel è così ostile nei confronti degli eurobond? Ovvio: non riuscirebbe a farli digerire al proprio elettorato. È un limite della democrazia: gli egoismi individuali possono prevalere sugli interessi collettivi o se si preferisce sulla solidarietà. Difficile pensare che il popolo tedesco voglia pagare i nostri debiti o quelli della Grecia o della Francia. In effetti come dargli torto. Per qual motivo dovrebbe andare in pensione a 67 anni, fare due settimane di ferie all’anno, mangiare wurstel e crauti con birra in un paese dove l’autunno comincia a ferragosto per pagare i debiti di governi che mandano in pensione i lavoratori molto prima, le ferie sono più ricche e magari si passa la lunga estate in riva al mare a mangiare pesce fresco innaffiato da vino bianco.

Secondo i calcoli del ministero delle finanze tedesco l’emissione di eurobond comporterebbe un aumento del servizio del debito della Germania per circa 25 miliardi di euro. Insomma una mezza manovra finanziaria italiana. Lo sgravio complessivo per gli altri Paesi sarebbe maggiore e vi sarebbero altri vantaggi per le banche che malauguratamente avessero investito in titoli di stato dei Piigs, ma questo interessa poco al ministro delle finanze tedesco. Ognuno fa i conti a casa propria: perché le formiche dovrebbero pagare i debiti delle cicale; nella favola questo non avviene. Il punto è questo. I conti di ciascuno devono quadrare e per farlo bisogna sottrarre alcune “politiche” alla demagogia dei singoli stati e definirle in sede comunitaria. In fondo chi si costituisce garante (di fatto la sola Germania) ha il diritto e l’obbligo di controllare il garantito.

Sotto questo profilo l’euro presenta la grave debolezza di non avere uno stato unitario alle spalle, ma questa è una caratteristica congenita; nel momento della crisi, quella che poteva essere una carenza non esiziale, diventa drammatica. Gli eurobond sarebbero quindi l’occasione di incominciare a costruire un’Europa più solida e finalmente comune, nel senso di casa comune o, ancora di più, di patria comune. Non sarà facile uniformare le regole di paesi che hanno passato metà del secolo scorso a farsi la guerra, ancora oggi erigono barriere agli investimenti transfrontalieri e alla libertà di prestazione di servizi. Quello che è stato costruito, per quanto poco e mal fatto possa oggi sembrare, è importantissimo. Non ci siamo più fatti guerra tra noi e siamo andati a farla altrove senza divisioni sostanziali e mai gli uni contro gli altri.

Questo bistrattato euro, che non ha le colpe c h e qualcuno (interessato) gli addossa, ha il grande merito di avere tenuto unito il cuore dell’Europa, quello che ne è il fulcro. Non dimentichiamo che l’Europa è nata intorno a Germania, Francia e Italia con l’aggregazione del Benelux. Le altre nazioni sono venute solo dopo con più o meno entusiasmo, ma il cuore è sempre stato nei primi tre paesi fondatori: forse si erano fatti troppo la guerra. La Germania attuale è la nazione più solida del blocco europeo; proprio per questo non lo deve sfasciare. Può dettare le condizioni, ne ha la forza e gli altri la debolezza per subirle. Lo faccia e vediamo di salvare l’Europa. Un’ultima annotazione: non venga in mente a nessuno di difendere le quotazioni dell’euro: se perdesse nei confronti del dollaro, sarebbe solo un vantaggio. Ricordiamoci le nostre vecchie svalutazioni della lira e le attuali quotazioni dello yuan.

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