Lo abbiamo scritto tante volte: secondo molti esperti la consulenza finanziaria indipendente (“fee only”) sarà un mercato interessante nell’arco del prossimo decennio. Tuttavia i dubbi a molti lettori di BLUERATING restano. Così l’intervista a Duccio Marconi, responsabile commerciale promozione finanziaria Credem nella quale il manager faceva un bilancio a due anni dal lancio del servizio Advice a parcella, ha portato alcuni di loro a porsi delle domanda. “Non capisco che differenza ci sia tra management fee e parcella”, si sfoga un lettore, “se poi quest’ultima è parametrizzata sulla componente del portafoglio”. Marconi nell’intervista spiegava infatti che le commissioni “sono calcolate sul saldo della posizione ottenuto pesando in modo differente le diverse componenti del portafoglio: 100% per i titoli azionari, titoli obbligazionari, Etf, 30% per gli Oicr, 0% per liquidità, gestioni patrimoniali, prodotti assicurativi”. Così siccome a pensare male si fa peccato ma spesso ci si becca, il nostro lettore suggerisce: “È ovvio che il pf continuerà a scegliere quei prodotti che gli garantiranno di più o sbaglio?”, aggiungendo che da ciò si potrebbe dedurre che “in un momento in cui potrebbe essere conveniente per il cliente uscire da posizioni azionarie e collocarsi, per esempio sulla liquidità, è ovvio che non gli verrà consigliato” in quanto in contrasto con gli interessi del consulente. È un dubbio legittimo, cui solo l’esperienza diretta e la fiducia che nasce da un rapporto di lunga durata tra promotore (o consulente) e investitore può dare una risposta. La stessa opzione di non avvalersi di un pf legato a una specifica rete ma di un consulente indipendente non risolve del resto la questione, ma la sposta a monte: sarà davvero indipendente il consulente o avrà a sua volta potenziali conflitti d’interesse dovuti a qualche forma di “incentivazione” indiretta su alcuni specifici prodotti o servizi a più elevata marginalità? Sarà solo una questione di fiducia, allora. Quella che ci si saprà (oppure no) guadagnare.