La Cina spinge i mercati

Tutto va male, arrivano notizie sempre più preoccupanti, ma tutto sale sui mercati. Ieri abbiamo assistito a borse europee, che giustamente dopo il taglio dei rating di 9 Paesi dell’eurozona, seguito dall’inevitabile taglio anche per il Fondo Salva Stati (di cui Francia ed Austria sono tra i maggiori garanti), sono salite per chiudere in territorio positivo. Sul valutario i movimenti sono stati più soft durante la giornata, ma durante la nottata ci hanno regalato delle belle salite le valute a più alto rendimento rispetto al dollaro (venduto in maniera strutturale, lo possiamo notare dando una sguardo alla quotazione dell’DJ FXCM DOLLAR INDEX, che ha abbandonato con forza quota 10.000 punti). L’unico motivo che può stare dietro a questi movimenti è la pubblicazione dei dati macro che arrivano dalla Cina.

Dati che sono risultati essere inferiori dei precedenti dal punto di vista del prodotto interno lordo, ma che hanno comunque battuto le attese degli analisti, che si aspettavano un rallentamento superiore derivante dal fatto che a causa della crisi globale, la domanda di beni e servizi potesse rallentare maggiormente. Si tratta del primo ritorno sotto il 9% dalla metà del 2009, con una rilevazione che si è attestata a +8.9%, contro attese di +8.7% e questo, checché se ne dica, è stato interpretato bene dai mercati (basta guardare, come tra poco vedremo insieme, alle reazioni avvenute sul dollaro australiano, molto correlato con l’andamento dell’economia cinese e all’andamento delle borse asiatiche) e se aggiungiamo alle nostre analisi l’altra serie di dati che ci sono arrivati, vediamo che la situazione Cina, per ora, sembra non riscontrare tutti i potenziali problemi fin qui paventati.

Questo non significa che in futuro non potranno esserci degli scossoni, ma questo dipenderà in una prima fase dalla dipendenza della Cina dal grosso numero di esportazioni di cui si nutre il GDP, che potrebbero non dipendere più né dalla debolezza artificiosa dello yuan, né dalla capacità di spesa di Paesi esteri importatori dei beni cinesi, se la crisi dovesse continuare. La produzione industriale, su base annuale e relativa al mese di dicembre, ha fatto registrare un +12.8% contro attese di +12.3% ed un precedente a +12.4%, mentre le vendite al dettaglio hanno mostrato un +18.1% (consensus +17.3%, come il precedente).

Non sono stati rilasciati i dati sull’inflazione, ma per completare il quadro aggiungiamo che essa risulta essere più sotto controllo rispetto a quanto visto l’anno scorso, il che potrebbe far pensare addirittura a stimoli monetari (se non addirittura fiscali) per far sì che la crescita riprenda ai ritmi desiderati dagli organismi di governo e controllo del Paese.  Passiamo alla sezione di analisi tecnica, osservando per prima cosa la situazione dell’eurodollaro. La giornata che si sarebbe dovuta dimostrare contraria alla moneta unica, successivamente ai downgrade annunciati, si è rivelata invece come una giornata positiva per l’euro. Dal minimo raggiunto in area 1.2625 abbiamo, infatti, notato una correzione a più riprese di una figura circa. Il livello di massima attenzione posizionato a 1.2580-1.26 è rimasto così intatto e ancora lontano dall’essere oltrepassato. Anche se questo ristabilisce un minimo di fiducia nel breve, crediamo che la tendenza di lungo periodo sia quanto mai chiara: dai primi di novembre l’euro sta perdendo terreno (ad oggi più di 12 figure) e sino ad un ritorno al di sopra della trendline discendente, passante oggi sopra 1.29, non potremo avere un vero cambiamento di rotta.

La situazione del dollaro yen non accenna a variare. Da 11 giorni ci troviamo in un range compreso fra 76.60 e 77.25, avendo così già evidenziato quali potrebbero essere i livelli da attendere per assistere ad una svolta. La ripresa della moneta unica ha fatto bene anche al cambio EurJpy. Stiamo parlando sempre degli scenari di breve dato che, anche in questo caso, un vero cambiamento di rotta passa attraverso il primo superamento di 99 e della successiva area di 100 figura. 97.70 è il più interessante livello di resistenza di breve per varie ragioni: il test di questa notte, per il fatto che si trova dove transita perfettamente la media a 100 su grafico orario e poiché coincide con la prima delle percentuali di ritracciamento del movimento in calo compiuto con forza venerdì scorso.

Anche il cable ha evidenziato una ripresa, testimoniando un calo generalizzato dei dollari da ieri americani. La fondamentale area di supporto di lungo, posta intorno a 1.53 figura, tiene bene (nonostante sia ancora vicina) e per il momento è l’unico spunto degno di nota in una situazione tecnica che potrebbe cambiare con grande rapidità. Raggiungendo il minimo di 1.2060, ieri, il cambio eurofranco ha disegnato così un canale ribassista perfetto che insiste da un mese esatto. Non resta che attendere l’eventuale superamento di uno dei due livelli perfettamente indicati per anticipare i movimenti del cambio. Per le prossime ore troviamo una resistenza dinamica a 1.2150 (perfettamente coincidente con la media di lungo su grafico con candele a quattro ore) così come un supporto dinamico a 1.2050.

La notte ha dato una mano anche al dollaro australiano, permettendo il raggiungimento, nonché il superamento, del livello di resistenza di 1.0380 che sino dai primi di novembre resisteva. La tendenza di fondo, sia di lungo che più di breve, continua a risultare favorevole alla valuta del Far East dato che il primo dei supporti si trova a 1.0250 ed è indicato dalla tendenza incominciata un mese fa, mentre troviamo un secondo livello una figura più sotto, 1.0150, indicato dalla tendenza positiva iniziata a fine novembre, quando l’Australia per ragioni oramai note ha saputo decorrelarsi dalle altre valute messe tuttora sotto pressione dal dollaro.

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