Recessione poco profonda nell’Eurozona

Standard & Poor’s ha declassato di due gradini i rating di Cipro, Italia, Portogallo e Spagna e di un gradino quelli di Austria, Francia (che ha perso la tripla A), Malta, Slovacchia, e Slovenia. Dato che molti paesi che garantiscono l’EFSF sono stati declassati, anche il fondo di salvataggio ha perso la tripla A. “La decisione di Standard & Poor’s mette in evidenza le difficoltà dell’eurozona, aggravate dall’imposizione di misure di austerità in un contesto di bassa crescita o addirittura recessivo”, questa la visione di Joost van Leenders, esperto di strategie e allocazione degli investimenti di Bnp Paribas Investment Partner, nell’analisi settimanale. I mercati, tuttavia, hanno reagito con freddezza: solo il Portogallo, infatti, che è stato declassato a livello spazzatura ha registrato un incremento degli spread. Questa decisione, infatti, era largamente prevista dagli operatori, e dunque gli spread di quasi tutti i paesi dell’area dell’euro si erano gia ampliati nel corso del secondo semestre dell’anno scorso. “Inoltre, malgrado il declassamento, numerosi paesi dell’eurozona restano dei mutuatari affidabili con basso rischio d’insolvenza, come dimostra il fatto che le altre agenzie di valutazione hanno lasciato invariati i rating”. Infine, il rischio che un calo delle quotazioni dei titoli di Stato potesse provocare dei problemi di finanziamento per il settore bancario era già stato notevolmente ridotto dalla decisone della BCE di offrire liquidità illimitata agli istituti di credito tramite presiti triennali 

Dopo gli ottimi risultati di settembre ed ottobre, le vendite al dettaglio negli USA hanno rallentato a dicembre, salendo solo dello 0,1% rispetto al mese precedente. “A nostro avviso i consumi non potranno restare su livelli elevati nel lungo periodo, poiché gli incrementi salariali non tengono il passo e la ricchezza delle famiglie non sta aumentando”. Tuttavia, a gennaio il mercato del lavoro ha registrato un lieve miglioramento e la fiducia dei consumatori si è ulteriormente rafforzata. Il deficit della bilancia commerciale USA si è ampliato nel novembre scorso, con un calo delle esportazioni e un incremento dell’import. Gli Stati Uniti stanno crescono ad un ritmo più rapido rispetto all’Europa e dunque il dollaro si è rafforzato. Nel dicembre scorso la produzione industriale è salita dello 0,4% rispetto al mese precedente, mentre i dati relativi ad ottobre sono stati rivisti al ribasso (dal -0,2% al -0,3%). La crescita annua è scesa al 2,9% – il livello più basso dal febbraio 2010 – riflettendo la debolezza della produzione nella primavera scorsa dopo il sisma che ha colpito il Giappone. “Ad ogni modo, il settore industriale pare in condizioni abbastanza buone”.

Dopo gli intereventi incisivi decisi alla fine dell’anno scorso, in gennaio la BCE ha lasciato i tassi d’intessere invariati. Ciò consentirà di erogare una nuova tornata di prestiti triennali alle banche in febbraio. La BCE prevede che l’inflazione si attesterà al di sopra del proprio obiettivo (2%) per parecchi mesi prima di iniziare a scendere, e questa previsione pare fondata alla luce della debolezza dell’economia e della stabilità dei prezzi del greggio L’inflazione generale nell’area dell’euro è scesa dal 3% in novembre al 2,7% in dicembre, mentre l’inflazione core (depurata delle componenti più volatili) è rimasta stabile all‘1,6% per il quarto mese consecutivo. Si registrano timidi segnali di una stabilizzazione dell’attività economica su bassi livelli, e tale andamento pare confermato dall’indice ZEW, migliorato in gennaio pur rimanendo in territorio negativo. La produzione industriale nell’eurozona è scesa in novembre per il terzo mese consecutivo, con andamenti diversi da paese a paese, ma tendente al ribasso persino in Germania, Francia e Olanda. Alla luce della stabilizzazione di numerosi indicatori anticipatori, la recessione nell’eurozona potrebbe rivelarsi poco profonda, tuttavia se si considerano le misure di austerità e la crescita modesta a livello globale, nel migliore dei casi l’espansione in Europa sarà modesta. 

Per quanto riguarda l’allocazione complessiva degli attivi, “abbiamo realizzato i profitti maturati grazie alla nostra posizione sottopesata nei mercati azionari europei rispetto a quelli USA. Il forte divario tra le stime di crescita del PIL negli USA (al 2,2%) rispetto all’eurozona (0%) penalizza, infatti, i titoli azionari europei”. Tuttavia, l’indebolimento dell’euro (nei confronti del dollaro USA) è positivo per Germania e Svezia, che sono forti esportatori. Inoltre, “i nostri analisti hanno innalzato la valutazione del ciclo economico (da negativa a neutra) dopo i miglioramenti registrati negli USA e nei paesi emergenti. Tuttavia non siamo passati in posizione neutra nel comparto azionario per due ragioni, ovvero: altri fattori mostrano ancora dati negativi e il sovrappeso nei mercati emergenti e nel settore delle obbligazioni societarie comportano già un’esposizione sufficiente agli attivi rischiosi”.

Il portafoglio modello prevede un “forte sottopeso nel comparto azionario, una posizione neutra in quello obbligazionario e negli investimenti alternativi (immobiliare, materie prime e titoli convertibili) e un sovrappeso della liquidità”. Per quanto riguarda le obbligazioni, “deteniamo un sovrappeso nel segmento societario che dovrebbe comportarsi bene in un contesto di bassa crescita grazie alla solidità dei bilanci delle imprese e in quello delle emissioni dei paesi emergenti denominate nelle valute locali, sostenute dal miglioramento degli spread e dal rafforzamento delle monete”. Infine, “deteniamo una posizione sottopesata nei titoli di Stato, una posizione neutra in termini di duration e un sottopeso nei titoli indicizzati all’inflazione, poiché riteniamo che l’inflazione e l’esposizione relativamente elevata verso i paesi periferici dell’eurozona non giochino a favore di questo attivo”.

 

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