Posta del pf, anche nel risparmio gestito la carriera si fa “all’italiana”?

E se il problema di fondo di molte strutture del risparmio gestito che operano in Italia fosse legato al modo di fare le cose “all’italiana” che troppo spesso caratterizza ogni attività di questo Paese? Il sospetto viene leggendo lo sfogo di un nostro lettore che discutendo con altri di una nota realtà che da decenni opera ai vertici del settore e si propone come un gruppo dinamico e innovativo. Ma, nota il nostro lettore, “rispetto al marketing del dinamismo futuristico venduto ai quattro venti, la realtà riconduce tutti coi piedi per terra. Amici degli amici e si fa carriera all’italiana!”

Quello della “carriera” è o dovrebbe essere un percorso di crescita, indipendentemente dall’azienda e dal settore, che consente alle risorse umane (perché nel ventunesimo secolo ragionare ancora in termini di “dipendenti” o “subordinati” ricorda più schemi mentali tipici dell’esercito sabaudo che non le moderne teorie del management) entrate in azienda di dare il massimo, acquisendo via via competenze attraverso attività che dovrebbero variare col tempo in modo da rafforzare e arricchire ulteriormente le competenze, tanto più se la risorsa in questione è un manager e dunque oltre a dover produrre di suo deve coordinare l’attività di altre persone e fare in modo che raggiungano gli obiettivi prefissati.

Purtroppo le cronache sono piene anche in questi giorni di casi in cui manager e dirigenti ai vari livelli di aziende tra le più disparate non sembrano avere svolto un simile percorso, rimanendo piuttosto legati a singoli “capi cordata” quasi che la carriera “all’italiana” fosse un esercizio di alpinismo. Senza scomodare ancora una volta il dramma della Costa Concordia e le immancabili polemiche sfruttate dalla stampa di mezzo mondo (quella tedesca in testa), è indubitabile che in molte, troppe aziende, nel settore finanziario come in quello industriale, nella produzione come nei servizi, nelle piccole e medie imprese come nelle grandi multinazionali, si fatichi ad applicare regole e stili di gestione che in altri paesi sono la norma da decenni.

È anche questo purtroppo segno di un paese che stenta a rinnovarsi, dove una gerontocrazia imperante non ha alcuna intenzione di uscire di scena per far spazio ai giovani. Col risultato che le idee spesso ristagnano o restano espresse negli spot più o meno patriottici e innovativi che vengono trasmessi in televisione. È decisamente tempo di cambiare, per il bene sia delle aziende sia dei loro clienti. E in fondo di quegli stessi imprenditori e manager che da risultati migliori avrebbero solo di che guadagnarci, senza doversi ogni volta occupare di congiure e “manovre di palazzo”. A patto ovviamente che ciascuno sappia fare il mestiere per cui viene pagato, ma questo è un altro discorso.

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