Posta del pf, tra banche e clienti qualcuno non fa quello che dice di voler fare

Chi sta “ciurlando nel manico”, le banche, le reti o i clienti? A leggere gli ultimi dati di Assogestioni sull’andamento della raccolta del risparmio italiano, nonostante il rimbalzo dei mercati finanziari (che ha contribuito a far risalire il patrimonio sotto gestione ad oltre 937 miliardi di euro tra gestioni collettive e gestioni di portafoglio) anche a dicembre a subire i maggiori riscatti netti sono stati i fondi monetari (-1,9 miliardi di euro circa nel mese, quasi -12,5 miliardi in tutto il 2011) e i fondi obbligazionari (-2,2 miliardi nel mese, -8,8 circa da inizio anno).

Risultati, si dirà, che scontano le tensioni che fino a poco prima di Natale hanno visto i titoli di stato dell’are dell’euro (e in particolare i titoli di stato italiani) perdere rapidamente quota con rendimenti impennatisi sopra il 4% per le scadenze più brevi e sopra il 7% per i Btp decennali. Vero, come però è vero che sin da ottobre si erano diffusi una serie di appelli “patriottici” rivolti agli investitori italiani perché rispondessero alla “speculazione” acquistando Bot e Btp, inviti che si sono poi tradotti in due giornate in cui le maggiori banche italiane hanno evitato di applicare le usuali commissioni di intermediazione nel caso di acquisti di titoli delle due tipologie. La risposta del pubblico a tali eventi, si è detto, è stata positiva, mentre molte società d’investimento a loro volta hanno professato, anche sulle pagine di BLUERATING, la più totale fiducia nella capacità dell’Italia di trarsi fuori dalla crisi e dunque del Tesoro di ripagare puntualmente i suoi impegni. Insomma, Bot e Btp a parola piacevano (e piacciono) a quasi tutti, ma dall’andamento della raccolta non si direbbe proprio.

E’ solo la concorrenza di altri prodotti come i conti di deposito ad alta remunerazione (cui peraltro proprio il calo delle quotazioni e quindi il maggior rendimento offerto dai titoli di stato aveva iniziato a far perdere parte del proprio appeal), o si iniziano ad avvisare tensioni per quanto riguarda la liquidità degli investitori retail? O forse c’è dell’altro, il tentativo da parte di qualche grande investitore del settore bancario o assicurativo di alleggerire la pressione sui propri portafogli condividendo il rischio (e gli eventuali guadagni) con la propria clientela? O ancora con l’occasione qualche rete ha deciso di modificare l’asset allocation della clientela spingendo prodotti un minimo più remunerativi, approfittando delle basse valutazioni toccate nel frattempo da quasi tutti gli strumenti quotati sui mercati finanziari mondiali? Quale che sia la risposta qualcuno sembra “ciurlare nel manico” rispetto alle dichiarazioni ufficiali.

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