Saxo Bank: l’accordo sulla Grecia spinge la moneta unica

Nessuno può accusare che i ministri delle finanze dell’eurogruppo non stiano lavorando sufficientemente per i propri soldi. Dopo 14 ore di incontro, il presidente dell’eurogruppo J.C. Juncker ha annunciato il risultato solo stamane: come atteso il programma del secondo aiuto alla Grecia avrà un importo di 130miliardi di euro, e si pone l’obiettivo di ridurre il livello del debito sotto a 120% del PIL entro il 2020 (120,5% per esattezza). La sorpresa è arrivata nella forma dello “sconto” sul bond da parte dei creditori: il valore nominale dei bond verrà ridotto del 53% contro il livello del 30% atteso. La componente di liquidità rimane a €30mld. Anche il tasso di interesse che la Grecia dovrà pagare sull’importo del primo salvataggio è stato ridotto di 50 punti base. Inoltre, i paesi europei hanno garantito che passeranno ulteriori fondi alla Grecia nella misura equivalente all’ammontare delle entrate che le banche centrali guadagneranno con i loro investimenti dei bond Greci in portafoglio. Inoltre, verrà stabilito un conto segregato nel quale il governo greco accantonerà il pagamento delle proprie obbligazioni ogni trimestre.

Sul mercato forex, durante le ore di attesa nella seduta asiatica il cambio euro/dollaro era riuscito a scendere anche sotto 1,32, ma poi, non appena la prima agenzia di stampa ha riportato l’accordo, la reazione degli investitori ha spinto la moneta unica fino a 1,3293. Ma la decisione porta ulteriore momentum? Se proiettiamo le aspettative del rapporto debito/PIL nei prossimi 8 anni, è difficile che la Grecia possa arrivare al 2020 senza fallire. L’eurusd rimarrà acquistato fino a che si mantiene l’appetito al rischio. Dal punto di vista fondamentale, lo scetticismo è abbastanza giustificato: – il probabile “poco” coinvolgimento dell’Fmi non è un buon segno per l’euro; – il fatto che i profitti confluiscano alle Banche Centrali fornisce di fatto un finanziamento nazionale e quindi non fornisce un segnale positivo per la moneta europea. Se nel breve periodo è possibile accettare che non vi siano venditori di euro, non posso non credere che il mercato FX prezzerà lo scettiscismo e la difficile situazione europea ad un certo punto nelle prossime settimane.

Le attese per l’inflazione a due anni del primo trimestre 2012, rilasciate dalla Banca Centrale della Nuova Zelanda (RBNZ) questa notte, sono scese a 2,5% dal 2,8% precedente. Tuttavia ciò ha avuto poco peso sul kiwi (dollaro neozelandese). Infatti a guidare la valuta oceanica è stata la notizia dell’accordo raggiunto sul salvataggio della Grecia che ha supportato le valute ad alto Beta (tra cui il kiwi). Abbiamo sempre creduto che il livello di 2,5% del tasso di interesse in Nuova Zelanda non venisse superato a ribasso. Un taglio del costo del denaro, infatti, si avrebbe solo se le condizioni della crisi nell’eurozona dovessero deteriorarsi. Fino a che il sentiment di mercato è positivo, il Kiwi potrebbe rimanere in un trend a rialzo. Per alcuni investitori (non Saxo Bank) il livello di 0,8570-75 potrebbe essere testato nel corso dei prossimi mesi.  Stamattina lo spread Btp-Bund è in discesa e negozia a 339,5 punti, calcolato sul rendimento del decennale pari a 5,367%. I mercati borsistici asiatici non hanno avuto una reazione forte sulla decisione presa in Europa, chiudendo la sessione in territorio semi-invariato: Nikkei225 -0,23%, Hang Seng +0,25% e S&P/ASX200 +0,82%.

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