Posta del pf, collocamento e consulenza possono convivere

Secondo i dati Assoreti, a gennaio i promotori finanziari più efficienti sarebbero stati quelli di Banca Generali, con una raccolta netta media di 167mila euro a testa che supera ampiamente i risultati di Banca Ipibi (96mila euro a testa) e Consultinvest Investimenti (92mila euro a pf). Ma sul termine “efficienza” bisogna intendersi: secondo un lettore che si firma con il nome di battesimo (“Andrea”), un metro più significativo per misurare l’efficienza di un promotore finanziario dovrebbe essere il rapporto raccolta netta/portafoglio. “Così si vedrebbe veramente il promotore finanziario che ha creato più valore aggiunto, al cliente non importa quanto un promotore ha raccolto”.

Risponde un altro lettore, che preferisce restare anonimo: al cliente non interesserà quanto un promotore raccoglie, ma alle società sì: “Alle mandanti importa che tu venda”. Per esempio, nel caso di una rete che ha alle spalle un gruppo assicurativo come la struttura guidata da Piermario Motta interessa, secondo il nostro lettore, che vengano collocate “unit linked, della casa naturalmente”. Parole che non sappiamo se nascano da un’esperienza professionale (e specificamente in Banca Generali o in un’altra società appartenente a un gruppo assicurativo) o dall’essere stato cliente e aver “toccato con mano”.

Certo, dopo quanto visto in questi ultimi anni e dopo che le principali reti hanno posto più volte l’accento sulla necessità che la figura del promotore evolva nel senso di una maggiore professionalità e di una più ampia competenza anche nel gestire i portafogli della clientela (ovvero, saper erogare servizi di consulenza individuando i prodotti e i servizi che più fanno al caso delle esigenze specifiche di ogni investitore), pensare che alla fine le società vedano nei pf null’altro che venditori appare quantomeno riduttivo e contraddittorio. Mentre è certamente possibile cercare metriche migliori per valutare l’efficienza di un promotore così da far emergere più chiaramente chi e quanto valore aggiunto crea per la propria clientela, limitarsi a valutare l’attività di un promotore in base alla sola attività di vendita sembra una scelta legata a una visione del mercato ancorata a un passato che sta rapidamente scomparendo.

Con il rischio di dover lasciare spazio a nuove realtà più in grado di adattarsi al mutato scenario competitivo. Che poi a monte resti da risolvere il latente conflitto d’interessi tra il collocamento (tanto più di prodotti e servizi “della casa” contraddistinti da margini reddituali più elevati sia per le mandanti sia per i promotori) e la consulenza (che alcuni vorrebbero mantenere separata, distinguendo tra i consulenti “fee only” e i promotori finanziari o gli agenti assicurativi e i mediatori finanziari) è certo, come è certo che in molti stanno tentando di trovare soluzioni idonee a garantire la qualità dei servizi e una sufficiente redditività. Per tutti.

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