Quei cavalieri senza paura

Cari consulenti finanziari, avete un motivo in più per presentarvi dai vostri clienti con il sorriso sulle labbra. Sì, lo fate già quotidianamente e da una vita, anche se ora c’è poco da ridere. E il sorriso è più di cortesia che di soddisfazione. Però in questo mare buio pieno di lacrime che sono le Borse europee, da dove tutti scappano verso i conti deposito o addirittura i libretti della Posta, ce n’è una che offre opportunità mai avute finora, almeno dall’inizio della crisi.

Anzi, è quella più appetitosa d’Europa. È la Borsa italiana, con i titoli del Ftse Mib. Ha incominciato a dirlo alla fine di maggio Credit Suisse, con uno studio sulle prospettive dell’euro in cui si diceva, appunto, che Piazza Affari è in questo momento il mercato azionario più attraente d’Europa. La settimana scorsa è arrivata la conferma, anzi la benedizione, del Wall Street Journal. Secondo la Bibbia finanziaria d’oltreoceano, la Borsa italiana è in questo momento la più attraente d’Europa con un rapporto tra prezzo e utile medio, calcolato sugli utili previsti nel 2012, di circa otto, cioè la metà di quanto era nel 2008, prima dello scoppio della crisi. La Borsa di Madrid, che dall’inizio dell’anno è rotolata in ribasso del 24% (Piazza Affari -12%), è più cara, con un p/e medio di nove. La capitalizzazione delle Borse di Parigi e Francoforte viaggia attorno a nove e dieci volte gli utili di quest’anno. Scendendo sul pratico, il WSJ sceglie un piccolo giardinetto italiano da coltivare con attenzione e molta cura, dove fioriscono aziende e gruppi come Ansaldo Sts, Pirelli e Autogrill, società della penisola il cui business, però, si rivolge in gran parte al di fuori dell’Italia.

Se a questi si aggiungono i titoli del made in Italy che, appunto, hanno sede in Italia ma lavorano molto, se non soprattutto (vedi il caso Ferragamo), con l’estero, va a finire che tra i titoli del Ftse Mib non solo ci sono le condizioni vantaggiose dei p/e più bassi d’Europa ma anche buoni motivi fondamentali per credere che l’Italia possa avere ancora quella caratteristica delle sette vite economiche che spesso l’ha contraddistinta nella sua storia. Certo, consigliare oggi di investire in Germania è troppo facile e troppo conservativo. Ci vuole un po’ di fantasia e di coraggio. E allora, se finalmente i gestori internazionali provassero a guardare l’Italia senza lasciarsi influenzare dalle emozioni del momento o dallo stress dello spread, il clima potrebbe cambiare in positivo. E c’è anche chi ci crede davvero. Racconta infatti Websim che il signor David Tiley, vicepresidente del fondo Mackenzie Financial, da Vancouver sostiene spavaldamente che lui se ne frega di dove ha sede una società, e quando investe quello che gli interessa sono solo le valutazioni e le prospettive di crescita: “Non ho paura di investire in Italia”. Finalmente un cavaliere senza macchia. E soprattutto senza paura.

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