La Francia rischia di diventare il nuovo malato d’Europa

I mercati attendevano novità dalle trattative tra i partiti in corso negli USA in materia di politica di bilancio, per evitare il fiscal cliff, ovvero il precipizio fiscale innescato dalla scadenza degli sgravi fiscali e dall’entrata in vigore di tagli automatici alla spesa pubblica, ma non vi sono state notizie di rilevo al riguardo.

Nel terzo trimestre la crescita del PIL degli Stati Uniti è stata corretta al rialzo passando dal 2% al 2,7%, rispetto allo stesso periodo di un anno fa, tuttavia il contributo più rilevante a questo dato positivo è stato offerto dell’accumulo delle scorte di magazzino. Anche la crescita dei redditi delle famiglie statunitensi è stata corretta al ribasso, sia nel secondo che nel terzo trimestre, e questa debolezza si è protratta anche in ottobre. “La disoccupazione elevata e la crescita bassa stanno annullando l’effetto del miglioramento del mercato del lavoro e degli immobili residenziali. Tendiamo ad escludere che le famiglie monetizzeranno l’incremento di valore delle proprie abitazioni”, queste il commento di Alberto D’Avenia, Responsabile Distribuzione esterna di Bnp Paribas Investment Partners

Alla debole crescita dei redditi delle famiglie fa da contraltare una redditività delle imprese relativamente elevata negli USA. I dati del terzo trimestre hanno segnalato una crescita dei profitti del 3,5% rispetto al trimestre precedente e dell’8,7% su base annua. “La crescita degli utili realizzati sul mercato interno si è rivelata persino più robusta e i dati hanno mostrato un’accelerazione di questa tendenza rispetto al secondo trimestre. Tuttavia, la crescita del terzo trimestre è stata concentrata nel settore finanziario, mentre i profitti del settore non finanziario sono saliti del 6,4% su base annua, ovvero al tasso più contenuto dal primo trimestre del 2011″.

L’Economic Sentiment Index (ESI) ha confermato una stabilizzazione nell’area dell’euro, registrando il rafforzamento più robusto dal luglio del 2010, il primo miglioramento da otto mesi a questa parte. Le rilevazioni di quest’indice hanno riscontrato dei miglioramenti in gran parte dei paesi europei, con la notevole eccezione dei Paesi Bassi. Il progresso più consistente è stato registrato nel settore manifatturiero, mentre la fiducia dei consumatori è rimasta su livelli estremamente bassi. “Quest’ultimo dato non dovrebbe destare sorpresa: la disoccupazione, infatti, è in costante aumento nell’eurozona fin dal maggio dello scorso anno. L’ESI segnala un ulteriore calo della crescita nel quarto trimestre rispetto al terzo, mentre il PMI relativo al settore manifatturiero è salito”.

Il barometro economico Euro Plus Monitor pubblicato della banca tedesca Berenberg e dal centro di studi europei Lisbon Council ha fornito indicazioni abbastanza ottimistiche. “In base ai fondamentali economici, il potenziale di crescita, la competitività, la sostenibilità dei bilanci e la resistenza agli shock dei paesi periferici dell’UE (in particolare della Grecia) mostrano ancora una certa fragilità, ma secondo il rapporto questi paesi si stanno adeguando alle difficoltà della crisi”. La Grecia è stata classificata al primo posto in base all’indicatore che rileva gli adeguamenti del costo del lavoro e delle politiche fiscali nonché in base alla disponibilità a realizzare delle riforme, ma anche l’Irlanda, la Spagna e il Portogallo sono risultati tra i primi cinque paesi.

Il rapporto si è espresso a favore di una politica di tolleranza verso i disavanzi fiscali causati da una profonda recessione. 

“Il rapporto ha collocato la Francia al 14° posto in termini di solidità dei fondamentali economici alle spalle di Spagna e Italia, e al 12° posto in base all’Adjustment Progress Indicator (che rileva la rapidità con la quale i paesi si stanno adeguando alle sfide poste dalla crisi finanziaria ed economica). La Francia rischia dunque di diventare il nuovo malato d’Europa. Il governo di Parigi di recente ha mostrato una certa disponibilità ad effettuare delle riforme, ma il rapporto sottolinea che non vi sono alternative”.

In base al rapporto i paesi dell’eurozona in media hanno realizzato solo un terzo delle misure necessarie per mettere le finanze pubbliche sul binario della sostenibilità nel lungo periodo. “Pertanto è molto probabile che la pressione fiscale si accentuerà almeno per il 2013, mentre preoccupa che la ripresa di molti paesi sia legata all’andamento delle esportazioni. Infatti, alla luce delle previsioni di crescita modeste per gran parte dell’economia mondiale, è possibile che le esportazioni recuperino a ritmo molto lento”.

L’indice PMI elaborato da JP Morgan relativo all’attività manifatturiera a livello mondiale ha registrato dei miglioramenti: gli andamenti più favorevoli sono stati rilevati in Cina, India e Brasile, dove gli indici PMI si sono attestati su livelli superiori a quota 50 e mostravano una tendenza al rialzo. Questi paesi sono stati penalizzati da un notevole rallentamento della crescita negli ultimi trimestri, che tuttavia si è attenuato nel terzo trimestre. “La frenata della crescita in Russia è stata più modesta rispetto agli altri paesi BRIC, e sono stati osservati dei miglioramenti anche nell’insieme dell’eurozona (in Francia, Germania, Spagna), nel Regno Unito, in Corea del Sud e a Singapore. Il gruppo dei paesi più deboli comprende Giappone, Australia, Taiwan e Italia” conclude D’Avenia. 

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