M. Hewson (Cmc Markets): “Alla larga dai titoli di Stato italiani”

ALLA LARGA DALL’ITALIA – “Non comprerei i bond sovrani dell’Italia a causa di un’incertezza politica che sta assumendo dimensioni sempre più ingestibili mentre sul fronte del debito societario ci sono compagnie sottovalutate che, in un’ottica molto selettiva, potrebbero fare bene al portafoglio”. Michael Hewson, capo analista di Cmc markets, compagnia inglese di trading ed esperto del debito in Europa non fa sconti e, se dal punto di vista dell’asset allocation qualcosa si salva, l’Eurozona, come progetto politico e fiscale, è la grande assente.

GERMANIA TITUBANTE – Tanto più che la Germania, forte della terza vittoria elettorale della cancelliera Angela Merkel, non ha voglia di pensare a nuovi salvataggi e si sta dimostrando piuttosto riluttante a portare avanti un processo di integrazione che oggi si sintetizza in unione bancaria, messa in comune dei debiti e trasferimenti fiscali illimitati. “La Germania è titubante perché teme di dover porre rimedio al livello di debito accumulato dagli altri. Inoltre le landesbanken tedesche si oppongono perché, in un’ottica di cessione di quote di controllo, andrebbero a perdere potere su molte questioni, in primis quelle legate ai prestiti. Infine, il Paese sta proteggendo molto il sistema bancario, indebitato com’è nei confronti del resto d’Europa, a cominciare dall’Italia”, aggiunge Hewson.

RISTRUTTURARE IL DEBITO
– Un atteggiamento, comunque, che potrebbe ammorbidirsi se si dovesse raggiungere l’accordo di governo con i socialdemocratici dell’Spd, più favorevoli all’idea dell’unione bancaria. Ma, in attesa di capire il da farsi l’esperto si dice convinto che molto difficilmente l’Italia sarà in grado di “abbandonare il suo tasso attuale di spesa pubblica, riformare il suo mercato del lavoro e delle pension”. Motivo per cui, alla lunga, l’euro si sgretolerebbe e, a quel punto, non resterebbero che una totale ristrutturazione del debito, la liquidazione (leggasi chiusura) di tutte le banche in sofferenza e la svalutazione delle valute più deboli.

IL MODELLO INGLESE – Per poi ripartire. Come ha fatto la Gran Bretagna nel 1992. “Abbiamo avuto una svalutazione del 25% della sterlina, non è stato indolore ma in cinque anni l’economia si è ripresa e ora il nostro coefficiente del debito europeo sul Pil è pari al 95,5%, lo stesso dell’area euro mentre l’Italia è al secondo posto dopo la Grecia al 131,4%”, conclude l’analista. 

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