Perché le nazioni falliscono

Le grandi disuguaglianze su scala globale sono evidenti a tutti. È la percezione di queste disuguaglianze che spinge molte persone ad attraversare illegalmente il Rio Grande o il Mediterraneo per provare a raggiungere gli standard di vita e le opportunità offerte dai paesi ricchi. Comprendere perché esistono simili disuguaglianze e quali siano le loro cause è l’obiettivo di “Perché le nazioni falliscono, Alle origini di potenza, prosperità e povertà”, scritto da Daron Acemoglu, James A. Robinson, edito da il Saggiatore. “Sviluppare questa consapevolezza non è solo un’azione fine a sé stessa, ma anche il primo passo verso la definizione di strategie più efficaci per migliorare l’esistenza dei miliardi di persone che ancora vivono in povertà”.

Ancora oggi sono in molti a sostenere che i motivi alla base delle differenze economiche tra le nazioni siano dovute all’ipotesi geografica, la quale, appunto, spiega il gap tra paesi ricchi e paesi poveri a partire dalla loro diversità in termini geografici”, tuttavia tale ipotesi “non può spiegare le differenze tra le due Nogales, o quelle tra Corea del Nord e Corea del Sud, o tra Berlino Est e Berlino Ovest”, o il recente sviluppo di Singapore. Inoltre non è vero, per esempio, che le aree tropicali sono sempre state più povere di quelle temperate. Al momento della scoperta dell’America di Colombo, le aree che oggi includono Messico, America centrale, Perù e Bolivia, ospitavano le grandi civiltà azteca e inca. Questi imperi erano politicamente complessi e centralizzati, costruivano strade e garantivano il loro intervento in caso di carestie, mentre le aree che circondavano questi imperi, che oggi includono Stati Uniti, Canada, Argentina e Cile, erano abitate da civiltà rimaste all’Età della pietra, completamente prive di simili tecnologie”.

Anche altre teorie, ipotesi culturale e l’ipotesi dell’ignoranza non riescono a spiegare le divergenze economiche tra le nazioni, a differenze dell’ipotesi che si basa sul ruolo delle istituzioni.
Gli Stati Uniti sono oggi molto più ricchi del Messico o del Perù proprio grazie al modo in cui le loro istituzioni, economiche e politiche, creano incentivi per le imprese, gli individui e i politici. Ciascuna società funziona grazie all’insieme di regole create e applicate dallo stato e dai cittadini nel loro insieme. Le istituzioni economiche generano incentivi in campo economico, a istruirsi, a risparmiare e investire, a innovare e adottare nuove tecnologie, e così via. È poi il processo politico a definire all’interno di quali istituzioni economiche si svolge la vita dei cittadini, e sono le istituzioni politiche a stabilire come funziona questo processo. Per esempio, dalle istituzioni politiche di un paese dipende la possibilità per i cittadini di controllare i politici e influenzare il modo in cui si comportano”.

Ancora oggi le attuali disuguaglianze mondiali esistono perché durante il XIX e il XX secolo alcune nazioni riuscirono a trarre beneficio dalla rivoluzione industriale e dalle tecnologie e metodologie organizzative che produsse, mentre altre non furono in grado di farlo, a causa di istituzioni che ostacolarono lo sviluppo.

La lettura del libro ci porta inevitabilmente a riflettere sull’assenza di incentivi all’attività economica offerti dal quadro istituzionale in Italia, che da diverso tempo non spinge individui ed imprese ad investire e di recente neanchè più a risparmiare, a causa di una crescente tassazione ordinaria e di svariate ipotesi di tassazione straordinaria sul risparmio, una politica che, nelle nazioni in cui è stata adottata, ha allontanato definitivamente il processo di crescita economica.

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