I fondi in Borsa e la doppia resistenza

FONDI COMUNI VERSO PIAZZA AFFARI – Ci vorrà ancora del tempo, ci vorranno i necessari passaggi normativi, ci vorrà una crescita culturale dei risparmiatori, ci vorrà, sicuramente, una maggiore innovazione del sistema. Ma la quotazione in Borsa dei fondi comuni d’investimento, arriverà. Il segnale che viene dalla banca senza sportello, la banca online, è inequivocabile. Il cliente-risparmiatore è pronto a saltare il rapporto “umano” con l’intermediario sia lo sportellista bancario, sia il consulente finanziario. Chi vorrà comprare fondi d’investimento quotati in Borsa servendosi semplicemente di un click avrà sempre e comunque bisogno di informazioni. Che poi si rivolga a organi di stampa, siti web, o consulenti questo è uno scenario ancora tutto da costruire ma di certo sia il rapporto cliente-consulente, sia quello risparmiatore-prodotto è destinato a cambiare.

IL SONDAGGIO – Anche se, nonostante gli evidenti vantaggi per l’investitore in termini di trasparenza e costi, il sistema che ha retto fino ad oggi la catena di distribuzione dei fondi comuni, attraverso i canali tradizionali banca/promotori, continui a porre una forte resistenza. Ma, come dicevamo, il passaggio è inevitabile. Il sito Moneyfarm ha recentemente condotto un sondaggio su un panel di 1.000 intervistati, equamente distribuiti tra possessori di fondi comuni e non, e ha registrato che il 40% dedicherebbe ai fondi una quota maggiore dei propri investimenti nel caso di una eventuale quotazione in Borsa. Il 56% degli intervistati (quindi oltre la metà) si dichiara invece disinteressato alla quotazione confessando candidamente di non percepire i vantaggi della quotazione. Chi invece si dichiara favorevole lo fa per la facilità di accesso (53%), la maggiore scelta (40%), la trasparenza dei costi (48%), la trasparenza del fondo (36%), i minori costi (35%). Ma tra i favorevoli ce n’è un terzo (34%) che vede nella quotazione anche la possibilità di registrare maggiori performances: un valore su cui la quotazione non influisce se non per i minori costi. È una ulteriore conferma che oltre alle resistenze dell’attuale sistema distributivo ce ne sono anche altre, non banali, di cultura finanziaria.

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