BOOTLE: ITALIA VIA DALL’EURO PER RIPARTIRE – Tra i paesi del G7 solo il Giappone e l’Italia non sono ancora riusciti a superare i livelli del Pil segnati prima della crisi del 2008-2009. Lo ha sottolineato nel weekend Roger Bootle, direttore di Capital Economics, sul Daily Telegraph, aggiungendo che il problema è sorto prima, con l’adozione dell’euro. Dal 1999 infatti l’economia italiana è cresciuta mediamente solo dello 0,3% annuo. Questo, aggiunge l’esperto, non significa che sia colpa solo dell’euro, quanto che l’Italia ha un disperato bisogno di riforme che nessun politico ha avuto la capacità e il coraggio di fare. “L’euro non ha certamente aiutato perché, sin dall’inizio, i costi italiani hanno continuato a salire più rapidamente di quanto facevano in Germania o in altri paesi core” e a differenza che in passato questo non è più stato compensato da una svalutazione della valuta.
RIFORME NECESSARIE MA NON SUFFICIENTI – Il problema italiano non è tanto il suo deficit annuo, quanto l’ammontare di debito pregresso che ha ormai ampiamente superato il 130% del Pil portando l’Italia in una situazione simile a quella che gli economisti chiamano “trappola del debito”. Una situazione in cui il debito sale rapidamente in proporzione al Pil e dalla quale le uniche uscite sono forti inflazioni o default. Una crisi del debito rischierebbe di avere serie conseguenze se non per i mercati finanziari mondiali, dato che il debito è in gran parte detenuto da investitori domestici, per le banche italiane. Come si può sfuggire a tutto questo? “Il paese”, nota Bootle, “richiede una riforma fondamentale del suo sistema politico, della giustizia, del fisco e del lavoro”. Ma anche se queste riforme fossero tutte realizzate resterebbe la minaccia del debito pubblico.
SVALUTAZIONE, PIU’ TASSE E MENO DEBITO – “Come il resto dell’eurozona ciò di cui ha bisogno ora l’Italia è una crescita economica decente” che potrebbe essere raggiunta grazie a politiche fortemente espansive della Bce e una maggiore rilassatezza fiscale tedesca. “Ma non c’è da scommetterci troppo”. L’opzione “radicale” per l’Italia resterebbe dunque secondo l’esperto britannico “uscire dall’euro e consentire ad una valuta più debole di generare un boom delle esportazioni, più elevata inflazione, più tasse e un peso del debito inferiore”. Insomma: dato che l’Italia non è la Grecia e la “bomba” del debito non è disinnescabile senza danni, è solo una questione di tempo. O l’Italia trova il modo di ripartire o dovrà uscire dall’euro facendo pagare agli italiani un costo ancora superiore all’attuale in termini di tasse e perdita di potere d’acquisto, per poter sperare poi di ripartire. Sarà vero e soprattutto sarà conveniente per gli italiani oltre che per gli investitori mondiali? Questo Bootle non lo scrive.